Se un click è più importante della notizia: l’informazione nell’era delle fake news

La colpa non è dei social se a una bufala antica ed evidente ci cascano pure testate come il “Corriere della Sera” e Tg5 (parlo del topolino francese che secondo i buontemponi s’ingrasserebbe a Fiumicino, con evidente danno per l’immagine dello scalo e più in generale dell’Italia). Significa che ormai anche loro sono caduti nel precipizio e che, lo dico da giornalista, i giornalisti hanno abdicato alla prima regola del mestiere: la verifica delle fonti. Non è possibile costruire metà giornale (o telegiornale) su quello che offre la Rete e l’altra metà sulle agenzie: altro che omologazione, siamo molto oltre. Non si tratta di errori, è cambiato proprio il sistema.

Nel libro Giornalismo, ritorno al futuro (pubblicato da Giubilei Regnani Editore) invito, anche piuttosto banalmente, a riscattarsi riappropriandosi delle regole base della professione. Ma invece di recuperare terreno, qui si va sempre peggio. Lo dico con dolore, ma la Stampa (intesa come aggregazione di giornali) non vale più come punto di riferimento. Si sta suicidando, correndo dietro all’“avversario” invece di contrastarlo. Guardate infatti chi diventa personaggio, chi sono gli “influencer”, da dove arrivano. Basta un’idea originale, o magari solo curiosa, che attira un po’ di click e hai sfondato. Con l’appoggio più o meno condizionato di quelli che ancora si definiscono i “grandi media”.

E come si fa, dunque, a recuperare credibilità, a distinguere il vero dal falso? A dire: questa è l’Informazione, l’altro è fuffa? È il trionfo dei ballisti per gioco o per… mestiere.

La “scoperta” in qualche modo è sconvolgente anche se non nuova. E c’è chi ci sta addirittura costruendo un progetto politico: un futuro oscuro, finto, angosciante. Con buona pace di McLuhan, che in realtà già negli anni Sessanta lo ipotizzava. Temeva di ritrovarsi ad affittare il cervello. Ma la realtà, in questo caso, ha superato anche le più fosche previsioni, immolandosi ai cosiddetti algoritmi: il cervello lo abbiamo proprio venduto, siamo tutti robot. Inutile girarci intorno.

Pino Scaccia

Inviato storico del Tg1 Rai. Ha seguito i più importanti avvenimenti degli ultimi trent’anni. Prima di dedicarsi a tempo pieno all’attività di scrittore, è stato capo redattore dei servizi speciali del Tg1. “Giornalismo, ritorno al futuro” (Giubilei Regnani) è il suo ultimo libro.