White God – Sinfonia per Hagen, un film di Kornél Mundruczó

Kornél Mundruczó, esponente di punta del nuovo cinema ungherese grazie a lungometraggi come Johanna (2005), con White God-Sinfonia per Hagen ci regala un film scandito in due blocchi narrativi.

Da un lato abbiamo un focolare domestico travagliato dall’assenza materna, da un padre incattivito e reso dispotico dal dolore e da Lili, una bambina musicista ribelle e inquieta, attaccata morbosamente al suo cane Hagen.

L’animale nella progressione narrativa diventa poi il polo catalizzatore dell’intera diegesi tramite il suo abbandono e dall’altro compie un viaggio all’inferno fra sequestri subiti da clochard, sevizie psicologiche e fisiche, combattimenti clandestini con i suoi simili, persecuzioni degli accalappiacani, fino a capeggiare una rivolta di randagi come lui, che punirà tutti coloro che ne hanno violato la psiche e il corpo. Film bizzarro questo di Mundruczó: spaccato familiare, noir, fiaba nera ed eco vengeance, il filone degli animali assassini inaugurato da Hitchcock con l’immensurabile Gli uccelli. La novità è che come accadeva già in White Dog (1981) di Samuel Fuller, tutto viene filtrato dallo sguardo dello stesso cane.

Le peripezie di Hagen sono stato esistenziale di inadeguatezza permanente, la prossemica di chi non ha nessun posto da occupare nel mondo. E il regista dà a quel disagio forme aggraziate e smaccatamente simboliche: la musica diegetica (repertorio di Liszt) suonata dalla tromba di Lili che risucchia la disperazione esistenziale in un sensazione di vuoto; il padre sordo al bisogno affettivo della figlia. Al cane, come alla ragazza, il mondo è conoscibile, esperibile anche nelle sue forme più cruente, è solo un set posticcio in cui si muove un male, cui entrambi non appartengono ma capaci di attirarli a sé come una calamita, un’immersione profonda, dolente nelle viscere di Budapest, che ci fa piombare nel buio della metropoli. Il gesto filmico del regista appare così preciso, potente, trovando una dimensione nel viaggio iniziatico di Hagen e rigenerandolo verso l’oscurità, che si rivela tanto più interessante quanto rischioso.

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Redazione

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