Smart museum: quando la visita al museo diventa Hi-Tech. Un rischio per l’arte?

Smart museum: è il nuovo museo del XXI secolo, un nuovo modo di intendere l’arte attraverso tecnologie che coinvolgono e rendono più partecipi i visitatori. Giochi di ruolo, tavoli multimediali interattivi, video, registrazioni, fanno parte di un ampio progetto che sta sconfinando in America e in Europa, per “svecchiare” la cultura, e portarla al passo con i tempi.

Tempi in cui la tecnologia fa da padrona. Tutto ciò è sapientemente riportato dalla curatrice Romana Scandolari nel libro Un museo! (Erickson, 2015), che spiega il divertimento e l’allegria dei visitatori nel vedere questo nuovo mondo, in cui si viene “teletrasportati” nell’antichità. Alcuni tra i più grandi esperti di tecnologie musicali, come Koven Smith del Blanton Museum of Art, o Elisa Bonacini, che racconta del nuovo allestimento del museo King John’s Castle di Limerick (Irlanda), come di “un’esperienza di visita veramente unica”, o anche Daven Patten, direttore New Media del Science Museum di Londra, a favore della costruzione di un nuovo futuro basato su tecnologie che aiutino a lavorare in modo diverso dal passato, sostengono fortemente l’ampliamento del progetto a tutti i musei.

Anche l’Italia sta piano piano adottando questo nuovo metodo di condivisione della cultura. Il Museo civile di Bolzano offre ai visitatori cuffie immersive che illustrano i quadri e le opere d’arte; il castello di Roccanigi, a Cuneo, si lascia ammirare con il sottofondo della voce del robot Virgil, che mostra le stanze del bellissimo edificio; (i robot ormai stanno diventando le guide più richieste, permettendo di far parlare i visitatori con i veri protagonisti della storia, come accade all’American Museum of Natural History di New York, dove i visitatori si innamorano delle storie degli indiani d’America, raccontate da un robot, guidato da un indiano che in quel momento si trova nella sua casa, per esempio).

Smartphone e applicazioni consentono di adattarsi al gusto della maggioranza, basandosi su opinioni, volontà, critiche online, che influenzano l’opinione pubblica generale. Ci sono anche musei come il Getty di Los Angeles o il Metropolitan di New York, che caricano le immagini delle opere direttamente online, con la convinzione che la cultura debba essere di tutti e che in questo modo si riescano a coinvolgere molte più persone.

Sebbene l’introduzione delle nuove tecnologie per rendere più interessanti le visite museali possa attrarre un tipo di pubblico, soprattutto giovane, alla ricerca di un coinvolgimento più “moderno”, tali innovazioni potrebbero tuttavia essere causa di distrazione per i visitatori che, concentrandosi più sui video, sui tavoli multimediali interattivi, sulle ricostruzioni virtuali, perdono la vera essenza dell’arte, la volontà dell’artista di comunicare direttamente con chi, come lui, riesce a sentire qualcosa di forte davanti alla tela.

Un rischio concreto, che tuttavia va calcolato proprio per non rendere un’esperienza del genere anacronistica e antica, poco appetibile per un pubblico sempre più affamato di nuove tecnologie.

Redazione

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