Pavesiana: bilancio dell’attività e appello agli editori italiani

di Anita Bernacchia, in Blog, Editoria, Interviste, Letteratura, Libri, del 9 Gen 2017, 09:15

Due anni fa il nostro blog vi presentava la casa editrice Pavesiana, con la sua libreria nel cuore di Bucarest. Nata con l’intento di proporre sia autori italiani in traduzione romena, che autori romeni in traduzione italiana, Pavesiana ha continuato il suo progetto con nuove pubblicazioni, presentazioni e partecipazioni ad eventi letterari in Italia e in Romania. Ce ne parla l’ideatrice ed editrice Mara Chirițescu, che abbiamo incontrato nella nuova sede della libreria in Bulevardul Lascăr Catargiu 27, nel centro culturale e politico della capitale romena. La libreria, ormai punto di riferimento in città per la cultura italiana, è un vero e proprio concentrato di letteratura, arte, cinema, filosofia, dove sono disponibili non solo le pubblicazioni Pavesiana, ma anche e soprattutto libri, quotidiani e riviste del nostro Paese.

Cos’è Pavesiana oggi?
Pavesiana oggi è sempre quello che era prima. Aver cambiato sede non vuol dire aver cambiato rotta, i progetti avviati due anni fa proseguono. Abbiamo pensato alla continuità, che si è tradotta in una sede più spaziosa, in cui abbiamo nuovi amici a sostenerci nell’Associazione “Amici di Pavese” e in cui siamo pronti ad accogliere nuovi lettori di libri italiani.

Perché una libreria italiana a Bucarest?
Potrei rispondere semplicemente così: non è mai esistita una libreria italiana in questa città o in Romania, come in nessun altro Paese ex comunista dell’Europa dell’Est. A dire la verità, tuttavia, non è esattamente questa la risposta. Lavoro da anni alla Scuola Italiana “Aldo Moro” di Bucarest e mi sono resa conto che alle attività dell’Istituto Italiano di Cultura di questa città sarebbe stato bello poter affiancare una libreria come iniziativa privata, portando avanti un discorso comune tra le nostre realtà. Inoltre, da tempo sentivo l’esigenza interiore di vedere libri italiani sugli scaffali di una libreria italiana a Bucarest. Perché è evidente che dei lettori ci sono, che vogliono venire in questa libreria, perché qui si sentono come a casa propria. Chi sono questi lettori? Sono italiani che vivono a Bucarest o in Romania, sono studenti che studiano l’italiano come seconda lingua straniera. Oppure romeni che parlano italiano e hanno voglia di venire ogni tanto a comprarsi un libro, per poterlo leggere in tranquillità in libreria o a casa. E poi ci sono le nuove generazioni, gli studenti dei licei italiani “Dante” o “Ion Neculce”, accompagnati dai loro insegnanti di italiano come Giancarlo Repetto, che sono nostri amici e hanno sempre partecipato alle attività e agli eventi culturali organizzati da Pavesiana.

Questo forte interesse per la cultura italiana incontra l’appoggio delle istituzioni romene? Come è vista invece la vostra iniziativa dalle istituzioni italiane in Romania?
I rapporti con le istituzioni romene sono piuttosto buoni, siamo una presenza opportuna e utile, credo. Vedono di buon occhio un’iniziativa privata di questo tipo. C’è da dire, tuttavia, che non si va oltre questo rapporto. L’Istituto Culturale Romeno, invece, si è dimostrato più aperto nei nostri confronti e con esso abbiamo un rapporto più stretto. Con l’Istituto Italiano di Cultura abbiamo collaborato per eventi importanti, in cui abbiamo sempre avuto il sostegno del direttore, Ezio Peraro. Ma per il resto dobbiamo cavarcela da soli, la parte finanziaria e commerciale, di cui ci intendiamo forse meno, è quella che ci richiede più tempo e “fantasia” per poter portare avanti le nostre attività. D’altra parte, la scommessa è anche questa. Pavesiana è una realtà in grado di superare tutti gli ostacoli, poiché ha dalla sua una forte motivazione interna che la aiuta a resistere in un mercato variegato, ricco e complesso, con tante attrattive e proposte come è quello di Bucarest.

Quindi vi siete posti una sfida continua, sia come libreria che come realtà editoriale. Come è nata Pavesiana editrice, come si è evoluta e quali sono le sue collane?
La prima attività dell’Associazione “Amici di Pavese” risale al 2008, quando abbiamo organizzato il centenario di Cesare Pavese a Bucarest insieme all’Accademia Romena e all’“Associazione Italiani della Romania”, ovvero la comunità di origine italiana presente in Romania sin dal XIX secolo. È stata un’iniziativa di successo, coincisa con la pubblicazione presso l’editrice Humanitas di un’edizione bilingue della raccolta pavesiana Lavorare stanca, partendo da un volume già apparso nella loro prestigiosa collana “Biblioteca Italiana”. È stato allora che ho immaginato l’attività dell’associazione in maniera molto più organica, ovvero non solo come promotrice di eventi ma anche di opere letterarie italiane per il mercato (non mi piace questa parola!)… per il pubblico bucarestino, e non solo. Al contempo ho sentito di voler trasmettere un messaggio ben preciso al pubblico italiano e mi è balenata l’idea della casa editrice. Poi l’ho abbandonata. Poi, nel 2009, in occasione dei dieci anni dalla morte di Giulio Einaudi, abbiamo organizzato una prestigiosa mostra alla fiera del libro “Gaudeamus” di Bucarest, composta da libri Einaudi pubblicati fino agli anni Ottanta. Lo scopo era illustrare l’evoluzione della grafica di copertina delle varie collane dell’editrice torinese. Quasi 500 libri, ma anche riviste, come “Il Politecnico”, o “Topolino” di cui si occupò lo stesso Cesare Pavese. Tra gli invitati italiani, abbiamo avuto anche Malcolm Einaudi, nipote di Giulio, e Claudio Pavese, un vero e proprio archeologo della grafica di copertina, che ci ha presentato questa evoluzione pubblicando anche uno studio apposito. Devo dire che è stato un successo, grazie anche alla collaborazione di Malcolm e Claudio. Si trattava di un progetto che doveva essere europeo, ma che poi non è andato in porto. L’Associazione avrebbe dovuto sostenere da sola e con grande difficoltà tutto il progetto che avevamo proposto.

Sempre in quei giorni, avevamo proposto alle maggiori case editrici di Bucarest una collana di libri dedicata allo spazio culturale piemontese-torinese, ma anche alla letteratura e alla cultura italiana in generale. Tra i libri proposti figurava Frammenti di memoria, un volume di memorie di Giulio Einaudi. Dovevamo tradurlo e pubblicarlo per un’editrice bucarestina, ma a soli due mesi dalla fiera del libro siamo venuti a sapere che la pubblicazione non sarebbe avvenuta. Per portare a termine il progetto, abbiamo dovuto fare uno sforzo enorme, sia per la traduzione che a livello finanziario. Così abbiamo tradotto e pubblicato il volume, presentandolo anche alla fiera. Non eravamo ancora una casa editrice, per ovviare al problema, ci siamo rivolti ad alcuni giovani che avevano una casa editrice universitaria, Zeta Books. Al suo interno abbiamo creato una collana che si chiamava, appunto, “Pavesiana”. Dopo la fiera del libro abbiamo deciso di separarci, era solo una soluzione momentanea per poter pubblicare il libro di Giulio Einaudi. Separandoci, abbiamo pensato che l’Associazione avrebbe potuto emanare un’editrice che servisse ai suoi scopi, ovvero andare avanti con la promozione dello spazio culturale piemontese, torinese e italiano in generale.

Qual’ è la linea editoriale di Pavesiana? Come vi fate conoscere dal pubblico italiano?
Abbiamo cercato di far conoscere le nostre pubblicazioni, perché crediamo che la nostra attività possa interessare sia il pubblico italiano madrelingua che quello composto dai tanti romeni che vivono in Italia, soprattutto in Piemonte e a Torino, e non da ultimo il pubblico italiano di Bucarest. Partiamo dalla figura di Pavese, perché ci chiamiamo Pavesiana, ma anche dall’ambiente culturale torinese-einaudiano, e da quelle istituzioni che ruotano attorno a queste due grandi figure, Giulio Einaudi e Cesare Pavese. Intendo dire la Fondazione Cesare Pavese e la casa natale dell’autore a Santo Stefano Belbo, la Fondazione Giulio Einaudi e il Centro Studi Gozzano Pavese dell’Università di Torino, di cui si occupa la professoressa Mariarosa Masoero. Evidente, abbiamo cercato, di nuovo, di concepire il nostro progetto e i suoi vari sviluppi in maniera organica. Cosa vuol dire questo? In Italia, anche se ci sono tanti romeni e non mancano specialisti che si occupano di cultura romena, abbiamo pensato che il contesto storico attuale richiedesse un’azione più diffusa e vicina al pubblico italo-romeno, o italiano propriamente detto. Credo che questa intuizione abbia funzionato, la domanda c’è, ed è molto interessante vedere che le nostre proposte editoriali hanno suscitato una reazione importante, pur non avendo tirature molto ampie. Questo vale per coloro che hanno partecipato alle presentazioni dei nostri libri, sia al Salone del Libro che presso l’Università di Torino, il Club Rotary in vari luoghi del Piemonte come Canelli, la Fondazione Pavese, la casa natale e le Università Roma Tre e “La Sapienza” di Roma. Certo, non abbiamo ancora le forze per una pubblicità più incisiva in Italia per i libri che abbiamo tradotto, anche se si tratta di pubblicazioni di una certa rilevanza. Penso a nomi di storici come Neagu Djuvara o Lucian Boia, o a libri di storia più recente firmati da Mihnea Berindei e Gabriel Andreescu, storici e politologi conosciuti in Romania e all’estero. Ma anche a poeti come Mariana Marin e a prosatori come il grande scrittore Gheorghe Crăciun e il suo romanzo Pupa Russa. Sono proposte che, a mio parere, vanno incontro alle aspettative del pubblico italiano. Ripeto, non abbiamo ancora la forza di fare di più per la diffusione ma, d’altro canto, il pubblico italiano ci ha accolto con molto interesse. Facciamo del nostro meglio per la cultura italiana a Bucarest, quello che riusciamo a tradurre e a proporre desta interesse e abbiamo avuto sempre vicini, oltre agli italianisti, all’Istituto e al pubblico romeno, anche gli italiani che sono venuti a vivere a Bucarest dopo la rivoluzione. Mi sembra bellissimo, perché vi sono anche persone intorno agli 80 anni, non più giovani ma che vivono una specie di terza giovinezza, vengono qui ogni due settimane a vedere cosa facciamo, che libri abbiamo portato, cosa abbiamo tradotto, sono molto premurosi e attenti. Non sono tanti, ma è un pubblico veramente sensibile, che non deve essere deluso nelle sue aspettative.

Auspica una collaborazione più stretta con l’Italia in futuro, per esempio con gli editori italiani? Pensa, ad esempio, a qualche coedizione?
Io lancerei un appello. Abbiamo fatto di recente una proposta all’Einaudi, credo interessante. Aspettiamo una risposta. All’interno della nostra piccola editrice abbiamo creato una collana che si chiama “Voci romene”, che io avevo pensato internazionale, ovvero con la traduzione di alcuni volumi non solo in italiano, ma anche in inglese, eventualmente francese e spagnolo. Abbiamo portato alcune copie dei nostri libri all’Einaudi, con la quale abbiamo parlato a lungo, ora siamo in attesa di una risposta. Non so se i miei suggerimenti potranno arrivare tramite voi a loro, ma ritengo che le nostre proposte non saranno indifferenti al pubblico italiano e romeno. Perché molte delle persone che vengono a Pavesiana, in questo nostro piccolo centro culturale, sono anche italiani e romeni che vivono in Italia. Portano via con loro dei libri per gli amici che vivono in tutta l’Italia, non solamente in Piemonte. Poi quando tornano a Bucarest vengono a chiedermi “ma quel libro ce l’avete ancora? Perché l’amico dell’amico dell’amico lo vorrebbe”. Dunque, anche se la tiratura fosse limitata, diciamo mille o duemila copie per ogni titolo di “Voci romene”, potrebbe andare benissimo. Per questo progetto – solo per questo – abbiamo l’appoggio dell’ICR, il che dimostra che la serietà delle proposte ha convinto. Solo che non possiamo fare davvero tutto da soli. Il mio appello è per l’Einaudi, ma anche per qualsiasi altra casa editrice interessata che voglia collaborare con noi.

Questa collaborazione potrebbe essere anche reciproca, quindi i libri pubblicati dalle editrici italiane potrebbero essere venduti e distribuiti qui a Pavesiana.
Ma naturalmente! Perché qui c’è un pubblico che aspetta, dunque venendo incontro a questa nostra iniziativa si potrebbe fare molto di più. Di recente abbiamo avuto la possibilità di fare un evento dedicato alla poesia italiana con Maria Stella Lo Re, una poetessa di Siena, la cui raccolta è stata pubblicata da ExCogita, una piccola casa editrice milanese. È stato un incontro italo-romeno di una bellezza emozionante. Ecco, il mio appello, anche se credo che la direttrice dell’ExCogita lo abbia già accolto a braccia aperte, si rivolge anche a questa casa editrice, con la quale potremmo fare una collana italo-romena a cui lavorare insieme. Forse questo è anche il futuro dell’editoria, ovvero cercare di fare pubblicazioni che parlino di un’etica della memoria romena, italiana, europea. Perché il nostro impegno è questo, procedere su un’etica della memoria di questo tipo.

Un breve excursus sulle pubblicazioni. Pavesiana pubblica molta saggistica, memorialistica e non solo. Nel promuovere la letteratura romena in Italia, penso a volte che questo genere letterario possa avere sui lettori un impatto immediato forse maggiore di un romanzo o una raccolta di poesie.
Certamente. Per fare un esempio tra tanti, noi abbiamo pubblicato nel 2014, ad esempio la traduzione de L’ultimo decennio comunista. Lettere inviate a Radio Europa Libera. 1979-1985 di Gabriel Andreescu e Mihnea Berindei, di cui è in preparazione il secondo volume. L’opera è stata presentata l’anno scorso anche in Italia, presso il Salone del Libro, a Roma Tre, La Sapienza, e abbiamo in programma altre presentazioni del volume.

Personalmente sto lavorando a due traduzioni in italiano alle quali credo molto. Il primo è il romanzo di un giovane autore, Victor Salater, funzionario presso un grande istituto finanziario in Romania. L’abbandono del cavallo nero parla di un ambiente fresco e nuovo, rappresenta in un certo senso l’aspirazione, il sogno di una generazione che vuole vedere realizzarsi in Romania una vera democrazia nella vita politica, economica e culturale. Peccato che il libro sia poco conosciuto anche a Bucarest. Ma io credo molto nella sua fortuna, anche se è stato pubblicato da una piccola casa editrice. Un altro autore romeno a mio parere molto autentico è Paul Tumanian, anch’egli poco noto negli ambienti letterari perché geloso della sua intimità e del suo mondo, ma che non fa altro che scrivere e pubblicare. Di professione fisico, ha dei romanzi e dei racconti di grande impatto. Il romanzo al quale sto lavorando parla dell’ineffabilità dei rapporti umani, di un mondo quasi fiabesco. È da non credere che nel mondo dinamico e talvolta cinico in cui viviamo possano sopravvivere personaggi come Paul Tumanian. Poi pubblicheremo un libro di memorialistica, Il tempo che ci è stato dato di Annie Bentoiu, una squisita francesista, consorte del noto musicista Pascal Bentoiu, tradotto in italiano da un docente della Scuola “Aldo Moro”. Ci sono diversi giovani professori di italiano che vivono a Bucarest e che traducono con tanta dedizione, per amore di una cultura che hanno imparato a conoscere. Ci saranno anche alcune antologie di poesia, già preparate, tra cui una su sei grandi autori romeni curata da Clara Mitola, un’altra traduttrice molto impegnata nella traduzione della poesia romena. Potrei fare tanti di quei nomi di persone che si dedicano alla letteratura romena, come te, Anita, e che fanno davvero dei sacrifici per portare avanti un discorso di promozione della sensibilità della cultura romena contemporanea.