Israeliani e palestinesi uniti dalla Musica. Storia di un progetto di pace

C’è un fatto, nel quadro del tragico conflitto israelo-palestinese, che meriterebbe senza dubbio di essere più spesso riportato agli onori delle cronache: tutto ciò riguarda la West-Eastern Divan Orchestra, realtà musicale che unisce musicisti di cultura araba ed ebraica e che prende il nome dal Divano occidentale-orientale di Goethe (gruppo di poesie in cui centrale emergeva l’importanza della comunicazione interculturale). Si tratta di una realtà ben nota a molti musicofili ma pressoché ignota al lettore di cronaca, compresi molti attenti osservatori dello stesso tragico conflitto arabo-ebraico.

Questa storia (splendidamente autentica) vede protagonisti due personaggi di altissimo profilo: l’uno è Daniel Barenboim, pianista e direttore d’orchestra argentino-israeliano (nonché ex direttore principale del Teatro alla Scala di Milano), l’altro è Edward W. Said, studioso palestinese noto principalmente come il teorico dell’orientalismo, ossia dell’immagine che l’Occidente serba dell’Oriente, ma che è stato anche ottimo pianista dilettante e finissimo critico musicale. Dopo il primo incontro, l’amicizia tra i due crebbe al punto che, nonostante essi seguitarono a leggere diversamente quel conflitto arabo-israeliano che tanto da vicino li riguardava, decisero però di dare il loro apporto alla costruzione della pace con un’azione dal grande contenuto simbolico, ossia fondando un’orchestra che potesse offrire a musicisti di cultura araba e ebraica la possibilità di suonare insieme superando l’immagine dell’altro come nemico ineluttabile.

Il progetto non tardò a formarsi, nonostante inizialmente non per tutti gli orchestrali fu facile suonare accanto a qualcuno che tradizionalmente rappresentava lo schieramento avverso. Alcuni abbandonarono. Ma la West-Eastern Divan Orchestra, oggi più viva e attiva che mai, resistette e proseguì per la sua strada. E nel 2007 il segretario generale Onu Ban Ki Moon nominò Barenboim ambasciatore delle Nazioni Unite per la pace.

Dopo la prematura scomparsa di Said, Barenboim ha dovuto accollarsi da solo l’impresa di portare avanti il progetto. Non sono mai mancati coraggio e audacia, a questo personaggio straordinario. Come moltissimi ebrei, egli crebbe assorbendo il totale rifiuto ebraico per la musica di Richard Wagner, così associata a quanto il suo popolo dové subire nei campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale. Per moltissimi ebrei la musica di Wagner è stata, e in parte è ancora, un tabù assoluto. Tabù infranto per la prima volta proprio da Barenboim durante un concerto che si tenne proprio in Israele quindici anni fa e che Said rievocò in un libro:

«Fino al luglio 2001 le opere di Wagner non sono mai state eseguite in Israele, per comune consenso. Daniel Barenboim, che dirigeva l’orchestra della Staatsoper di Berlino, aveva originariamente messo in programma un’esecuzione del primo atto dell’opera di Wagner La Valchiria; ma da parte del direttore del Festival di Israele gli giunse la richiesta di sostituire quel brano. Barenboim inserì al suo posto un programma di Schumann e Stravinskij e poi si rivolse al pubblico e propose, come bis, un breve estratto del Tristano e Isotta di Wagner. Si aprì un dibattito con posizioni favorevoli e contrarie. Alla fine, Barenboim disse che avrebbe eseguito il brano, ma propose a coloro che si sentivano a disagio di lasciare la sala, cosa che in effetti alcuni fecero. Ciò nonostante, il brano di Wagner fu favorevolmente accolto da un pubblico entusiasta di circa duemilaottocento israeliani».

Marco Testa

Nato nel 1983 e cresciuto nell’isola di Sant’Antioco, ha compiuto studi storico-archivistici e musicali. Autore di saggi e numerosi articoli, scrive su “Cultora” e su “Il Corriere Musicale”. Lavora presso istituti storici e musicologici; recentemente è stato invitato dal direttivo dello Xenia Ensemble a moderare alcune conferenze nell’ambito del Festival di musica contemporanea “EstOvest”. Adora (quasi) tutto ciò che è Musica, il mare, la letteratura di viaggio, la letteratura e il cinema horror, gli antichi borghi, la storia e la cultura della sua Sardegna, il buon cibo e molto altro. Vive a Torino dal 2008.