Doppio Sogno al Teatro Quirino: un viaggio appassionante nella psiche umana

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Complessità e profondità sono le caratteristiche dominanti dello spettacolo teatrale Doppio Sogno, presentato dalla compagnia Molière, firmato da Giancarlo Marinelli e in scena fino al 19 aprile presso il Teatro Quirino. Un cast eccezionale che vede protagonisti Ivana Monti, Caterina Murino, Ruben Rigillo e Rosario Coppolino (e con Andrea Cavatorta, Simone Vaio, Francesco Maria Cordella, Serena Marinelli e Carlotta Maria Rondana) intrattiene il pubblico per circa due ore senza mai far perdere l’attenzione che lo spettacolo richiede. Diversi ingredienti si mescolano tra loro, dando forma ad una rappresentazione teatrale che sorprende con diverse sfaccettature. Si apre il sipario e la prima sensazione che si avverte è certamente una forte tenerezza dovuta alla scena tra un padre ed una figlia, in pochi minuti il pubblico è già rapito, si attiva un coinvolgimento emotivo che risulta immediato e persistente. Il resto delle emozioni è un crescendo continuo a cui molto presto si aggiunge anche un necessario coinvolgimento cognitivo. Infatti, come ogni sogno che si cerca di interpretare, occorre prestare attenzione ai dettagli, non tralasciare gli “indizi”.

Si resta intrappolati in un sogno o in incubo, mondi onirici e reali si confondono gli uni negli altri e ci si perde così nello spettacolo come nel più caotico prodotto dell’inconscio umano. “Doppio Sogno” è un viaggio psicoanalitico nella complessità della mente, quella di Fridolin in questo caso. Qui abitano angosce, sensi di colpa, ossessioni. Egli è addormentato ma la sua psiche non riposa, perché qualcosa la disturba. I mostri interiori lo confondono, lo deridono; arrivano in casa senza preavviso, trovano la porta spalancata, quindi entrano e seminano gelo; per altri invece la porta non si è mai chiusa e forse Fridolin non vuole lasciarli andare via. In fondo, il suo incubo più grande gli appartiene e lui appartiene ad esso, alla domanda: “Fridolin, di chi sei tu?” conta una risposta sola: “Di Lilian”, la figlia morta.

Un vago senso di confusione accompagna lo spettatore per quasi l’intero spettacolo ma è una confusione che non disturba, anzi, intriga, spinge a guardare in profondità, a non distogliere mai l’attenzione dalle numerose realtà che armoniosamente si presentano e si susseguono. Momenti drammatici e struggenti si alternano a momenti di folle ironia e comicità. L’eleganza e la compostezza non escludono il grottesco, la morale non censura gli istinti primordiali. “Doppio Sogno” riesce a legare tutto questo: è vita e morte, febbre e lucidità, anima e carne. I sogni sono difficili da afferrare ma alla fine tutto appare chiaro: incubi e desideri, reali o meno che siano, non portano via l’unico punto fermo di Fridolin: sua moglie. Per averne la certezza occorre contare un’ultima volta fino a tre!

Erika Di Cesare

Tribuna Italia

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