Artisti indipendenti fra difficoltà e opportunità

Come in tutti i campi della creatività essere legati ad aziende indipendenti e non a multinazionali rende la vita più faticosa. Per quanto riguarda la musica gli artisti che pubblicano i propri dischi con case discografiche indipendenti o in autoproduzione hanno senz’altro problemi di distribuzione e di visibilità. Il primo fattore negli ultimi anni in realtà incide di meno, perché con l’avvento del digitale la musica ha molto meno bisogno di essere distribuita fisicamente nei negozi e il web è, in teoria, più democratico. La questione della visibilità resta perché le multinazionali hanno talmente tanti artisti da promuovere e disponibilità economica che la loro forza contrattuale, anche sui portali di streaming e download, è più alta e possono mettere facilmente in evidenza i loro artisti. Le classifiche di vendita rispecchiano questo stato di cose: è difficile che un artista nuovo, che ha firmato un contratto con un’etichetta indipendente, arrivi ai primi posti, a meno che non sia un grosso nome che ha fondato una sua casa discografica (e negli ultimi anni i casi sono molti), ma si tratta spesso di star della musica italiana che prima hanno fatto fortuna proprio attraverso i colossi discografici. Anche le radio commerciali, tranne rare eccezioni, che ancora contano molto nell’indirizzare i gusti degli appassionati di musica, è difficile che osino e lancino artisti nuovi, indipendenti o anche solo italiani. A questo proposito un paio di anni fa il Mei, Meeting Etichette Indipendenti (manifestazione che a Faenza da 20 anni riunisce le più disparate realtà indipendenti musicali) e Audiocoop (associazione di categoria che riunisce una serie di piccole etichette discografiche) hanno lanciato un appello su Change.org affinché per legge i network radio televisivi nazionali trasmettessero almeno il 40% di musica prodotta in Italia, legge che esiste già da anni in Francia. La questione è stata oggetto anche di un’interrogazione parlamentare, ma per ora non se ne è fatto nulla. Nonostante la sproporzione fra i mezzi economici delle multinazionali e delle piccole etichette indipendenti,gli artisti emergenti, privi di un contratto con le tre sorelle della musica (Sony, Universal e Warner) hanno comunque a disposizione molti canali per farsi conoscere. A parte il già citato MEI, colonna portante del settore, ci sono diverse iniziative attraverso le quali gruppi in erba o artisti affermati intenzionati a non entrare nelle logiche del music business tradizionale possono muoversi. Per gli emergenti innanzitutto esistono concorsi sparsi per tutta Italia, che attraverso le selezioni li portano ad esibirsi durante le finali nazionali come gli storici Arezzo Wave, Rock Targato Italia o Voci per la libertà – quest’ultimo organizzato in collaborazione con Amnesty International Italia e rivolto a chi ha scritto brani che affrontano il tema dei diritti umani – solo per citarne alcuni. Sempre dedicata alle band che hanno bisogno di farsi conoscere è nato Scambio Date, un network che mette in comunicazione i gruppi del Centro-Nord che vogliono suonare dal vivo anche fuori dalla loro città. In sostanza ogni band iscritta a Scambio Date diventa “padrona di casa” della propria città, mettendo a disposizione lo stesso palco ad altri gruppi e promuovendo l’evento. Ogni band è almeno una volta padrone di casa e una volta “ospite”. In generale i concerti sono un fondamentale veicolo per gli esordienti e in un’epoca in cui si vendono pochi dischi le esibizioni dal vivo restano spesso la principale fonte di reddito per molti musicisti, anche quelli già affermati. Poi c’è un altro progetto sul quale vale la pena soffermarsi: Musicraiser, piattaforma italiana di crowdfunding esclusivamente musicale creata un paio di anni fa su modelli internazionali come Kickstarter e Sellaband dal leader del gruppo Marta Sui Tubi Giovanni Gulino insieme a Tania Varuni, Dj e fondatrice di Secret Concerts. Di cosa si tratta? Per coprire i non indifferenti costi della produzione di un disco, della distribuzione e della promozione, della realizzazione di un video o dell’organizzazione di un tour, l’artista chiede un contributo economico da parte dagli utenti che credono nel progetto, fissando un budget preciso da raggiungere in un tempo prestabilito. Ma non pensate che a Muisicraiser si propongano solo artisti sconosciuti, alcuni volti noti della musica, seppur rappresentanti di generi di nicchia, si sono affidati a questo nuovo modo di autoprodursi proponendo alcuni loro progetti che magari non hanno trovato sbocco attraverso i canali della discografia tradizionale. Gente come Pierpaolo Capovilla (del Teatro degli Orrori) che intende pubblicare in Dvd il suo reading dedicato a Pierpaolo Pasolini, Gianni Maroccolo (bassista dei Litfiba, CCCP, CSI, PGR, Marlene Kuntz e molto altro), Daniele Sepe (cantautore, musicista e compositore), Andy (ex Bluvertigo) con la nuova band Fluon si è affidata a questo sistema; di recente Meg è diventata la testimonial dell’iniziativa Pre-Order di Musicraiser: chi prenota il suo nuovo album Imperfezione, in uscita ad aprile, riceverà una serie di contenuti speciali e oggetti di merchandising realizzati da lei stessa. E questo è il punto. Se vi stavate chiedendo cosa ricevono in cambio i “benefattori” è presto detto: il Cd dell’artista, una t-shirt, un concerto personalizzato a casa propria, ecc. Iniziative come queste e tante altre messe in piedi negli ultimi anni cercano di accorciare le distanze fra gli artisti che nascono con la camicia e quelli che ogni giorno devono inventarsi strategie per realizzare i propri sogni.

Redazione

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