ArT in PiLls: l’abbraccio dolente di Schiele che ti appassiona!

di Viviana Filippini, in Blog, del 31 Gen 2016, 11:33

L’abbraccio, o Gli amanti, dipinto da Egon Schiele nel 1917, mi ha sempre affascinato per l’espressività che hanno i due corpi dipinti dal pittore considerato uno dei maggiori artisti figurativi della Secessione Viennese e del primo ‘900, nonché esponente assoluto del primo Espressionismo viennese. Quello che attrae della tela sono i due corpi nudi, visti dall’alto, dipinti da Schiele con sincera passione. Sono un uomo e una donna, abbracciati, colti nella loro più viva e intensa intimità. La coppia, ritratta dopo l’amplesso, si stringe in un abbraccio che ha in sé una vera e propria potenza emozionale. La donna è presentata frontalmente, mentre l’uomo, di schiena, la abbraccia, la stringe come se avesse paura di perderla o temesse di essere separato da colei che è la compagna di vita e che rappresenta sicurezza, rifugio e comprensione. Il modo in cui l’uomo si avvinghia alla propria amata, mi ha ricordato l’abbraccio impetuoso di un bambino, che si attacca la corpo della madre, perché ha il timore che qualcuno sia pronto a portargliela via.

Altro particolare interessante sono le anatomie e i colori delle due figure ritratte, perché noi non vediamo in modo netto i visi di questa donna e di questo uomo, però sono i loro corpi a parlare, a farci capire quanto la gioia possa essere minata dalla sofferenza. Per quanto riguarda i corpi, Schiele li definisce con il suo tipico tratto tagliente, che dà una sensazione di tormento e di patimento esistenziale insito nei soggetti dipinti. Basta guardare la schiena dell’uomo nella quale si intravedono, in modo chiaro, le scapole spigolose e appuntite, o i muscoli delle braccia e della coscia destra ben scolpiti. Il fatto che siano così evidenti non solo ci fa capire quanto questa figura fosse magra, ma ci restituisce anche il senso di tensione muscolare determinata dall’intenso abbraccio, e dalle preoccupazioni della mente. La stessa cosa la si può dire per il corpo della donna, un po’ più morbido rispetto a quello del compagno, ma definito sempre da un tratto nero che la demarca in modo incisivo, inoltre quelle mani munite di quelle dita così lunghe comunicano la fragilità delle figura. I loro volti sono vicini e ritratti in questo modo richiamano molto da vicino Il bacio di Gustav Klimt, si sfiorano delicatamente e si perdono del mare scuro dei capelli della donna.

Il colore dell’incarnato dei corpi non è del tutto sano, anzi è smunto ed è una mescolanza di tonalità cromatiche miste (rosa, tocchi di bianco, di giallo, di verde, di marrone) che danno una sensazione di fisici emaciati e prossimi alla sofferenza e al distacco. Se ci fate caso è solo la parte superiore dei due corpi ad essere in contatto, quelle inferiori, corrispondenti al ventre dove scaturisce la vita, son staccate tra loro e questo allontanamento ha valore simbolico, perché è un metafora della separazione (malattia, morte, sofferenza, imprevedibilità della vita) che potrebbe travolgere i due amanti.

Se pensiamo al periodo di realizzazione dell’opera, il 1917, dobbiamo prendere atto del fatto che in quell’anno la Prima guerra mondiale era al suo culmine e che l’impero austroungarico era destinato a suo completo sfacelo. Il quadro di Schiele riflette quindi sullo stato della fragilità dell’esistenza umana a contatto con eventi drammatici che investono tutti, senza lasciare grandi possibilità di scelta.

Il fondo della tela è una mescolanza di pennellate rapide, dove giallo, bianco, tocchi di rosso, arancio, marrone e nero si mescolano, creando un fondo di violente e impetuose pennellate, sopra il quale si vedono i due corpi nudi, stesi su un lenzuolo bianco. Il panno è caratterizzato da pieghe frastagliare che si accartocciano su loro stesse. Più che ad un lenzuolo, devo dire che quel giaciglio mi ha fatto spesso pensare ad un grande foglio di carta, o ad un telo fatto di lino. Sì come quelle lenzuola presenti nella dote dei nostri nonni, panni consistenti e ben corposi, materici e anche pesanti. Il lenzuolo dipinto da Schiele diventa una sorta di sudario per i due amanti, la cui esistenza è messa a repentaglio dalla guerra incombente e non solo. Il senso di precarietà delle vita è rimarcato dallo sfondo costruito con pennellate caotiche che scurendosi, in certi punti, mi hanno dato la sensazione di un sorta di voragine pronta ad inghiottire i due amanti. Una degli aspetti che mi hanno sempre affascinato della produzione di Schiele è l’uso netto della linea nera che racchiude il colore e definisce in modo netto e preciso i soggetti, quasi come se lo volesse inciderei corpi nella tela e, allo stesso tempo, nella mente dell’osservatore, per renderlo partecipe dell’espressività emozionale e dell’introspezione psicologica messa nel dipinto.

L’abbraccio o Gli amanti è un olio su tela, e si trova a Vienna (Österreichische Galerie)

Egon Leon Adolf Schiele, noto come Egon Schiele è stato un in pittore e incisore austriaco, che si è imposto come uno dei maggiori artisti figurativi della Secessione Viennese e del primo ‘900. È identifico anche come esponente assoluto del primo Espressionismo viennese, assieme a Oscar Kokoschka. Un talento precoce che è rimasto troppo poco sulla terra, infatti, Schiele morì nel 1918, a soli 28 anni. Una vita breve con un numero strabiliante di opere: circa 340 dipinti e 2800 tra acquerelli e disegni.