Non confondiamo gli archivi con le biblioteche!

Naturalmente il titolo non vuole suggerire alcun elemento di contrapposizione tra questi due istituti, né tantomeno tra due professionalità, quelle appunto dell’archivista e del bibliotecario, che condividono non pochi strumenti, aspetti problematici e finalità; si vorrebbe però rimarcarne, nella maniera più breve, la netta distinzione: perché archivio e biblioteca sono due istituti dalle caratteristiche molto diverse, riflettenti due funzioni differenti. Nel nostro paese archivi e biblioteche d’interesse storico si contano a migliaia, straordinaria ricchezza figlia di una storia (quella della Penisola pre-unitaria) altrettanto ricca e variegata. Si pensi soltanto, tra i vari esempi possibili, agli archivi di Stato che si trovano nelle città capitali dei regni pre-unitari (Torino, Milano, Venezia, Genova, Firenze, Roma, Napoli ecc.), enti conservatori di un patrimonio immenso, d’importanza incalcolabile, luoghi ove si svolge intensa attività di ricerca, ma anche valorizzazione e comunicazione di questo patrimonio attraverso i mezzi più diversi. È un peccato che soltanto una assai esigua fetta di cittadinanza sappia che cosa effettivamente gli archivi storici siano, a che cosa servano e quali opportunità siano in grado di offrire al fine non soltanto di conoscere al meglio la propria storia, ma altresì di partecipare più consapevolmente alla vita pubblica e persino di completare un progetto di ingegneria idraulica.

Ma tagliamo corto e arriviamo al punto: cosa è un archivio? Per illustrarlo almeno nei suoi tratti essenziali ci sembra utile un raffronto con l’istituto con cui più sovente viene identificato e confuso, che è appunto la biblioteca. Partiamo dalla considerazione più banale, ma che è bene tenere presente e non dare per scontata: la biblioteca raccoglie, conserva e valorizza principalmente dei libri; l’archivio è invece deputato a raccogliere principalmente dei documenti; ciò non significa che un archivio non possa contenere una biblioteca al suo interno (straordinaria è la “Biblioteca Antica” dell’Archivio di Stato di Torino), così come ciò non significa che una biblioteca non conservi dei documenti, ossia il proprio archivio inteso come l’insieme delle carte (o, con il documento elettronico, di testimonianze informatiche comunque giuridicamente valide) che testimoniano la sua attività. Perché ognuno di noi genera un archivio, che può consistere nelle bollette del gas e della luce, nelle ricevute dei pagamenti bancari, nella corrispondenza cartacea ed elettronica ecc.

Ma la differenza tra biblioteca e archivio non si limita a tutto questo: mentre infatti la prima raccoglie dei libri che verranno messi a disposizione a beneficio dell’utenza con un preciso scopo culturale (biblioteca della Facoltà di Architettura, biblioteca della Facoltà di Lettere ecc.), l’archivio non nasce con alcuna funzione di tipo culturale (funzione che, lo diremo, sopraggiungerà in seguito), ma essenzialmente pratica, amministrativa. La biblioteca raccoglie testi con un preciso fine, l’archivio produce e riceve documenti in modo invece spontaneo. E allora quando potrà parlarsi di “archivio storico”, dal momento che oltretutto questa rappresenta forse la tipologia di archivio più orecchiata presso la comune percezione? Si può parlare di “archivio storico” quando quei documenti, prodotti e ricevuti spontaneamente, dopo le consuete tempistiche si “storicizzano”, vale a dire perdono la propria validità amministrativa per diventare materiale d’interesse per chi indaga il passato: in qualche modo tanto gli archivisti quanto i bibliotecari sono al servizio della storia, oltre che al servizio del cittadino: tanto gli archivi quanto le biblioteche, entrambi facenti capo al Mibac (Ministero dei Beni e delle attività culturali), assolvono funzione di tutela come da articolo 9 della nostra Costituzione:

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Marco Testa

Cresciuto nell’isola di Sant’Antioco, ha compiuto studi storici e archivistici parallelamente a quelli musicali. Già collaboratore della cattedra di Bibliografia musicale del Conservatorio di Torino e docente presso l’Accademia Corale “Stefano Tempia”, collabora con festival e istituti di ricerca. Autore di saggi e articoli, lavora presso l’Archivio di Stato di Torino ed è critico musicale di “Musica – rivista di cultura musicale e discografica” e de “Il Corriere Musicale”.