Rendere detraibile la spesa per i libri per incentivarne il consumo

Da troppi anni, ormai, in Italia si discute di politiche per promuovere la lettura e incentivare l’acquisto di libri. Temi che l’agenda istituzionale ha colpevolmente trascurato e che tornano d’attualità ad intervalli ricorrenti.
Sarebbero tanti e svariati i motivi per rilanciare questo impegno, che prima di essere una necessità, costituisce un atto di civiltà. Mi limito ad evidenziarne alcuni.

Domina oggi nella nostra società il tema della ricerca del benessere. Quell’antica pratica che ha sempre caratterizzato da sempre la speculazione nel mondo occidentale, a partire dai Greci, e conosciuta come eudaimonia, ossia la ricerca della felicità che coincideva spesso con la conoscenza. Oggi tale ricerca ha perso forza sostituita da altri tipi di benessere.
Ripristinare il diritto al benessere intellettuale può essere un motivo dirimente per sostenere l’importanza di leggere e favorire la diffusione della cultura. Ne discenderebbero benefici anche a livello sociale, considerato che oggi, purtroppo, c’è un notevole abbassamento della qualità della società e della polis e soprattutto di coloro che rappresentano le espressioni nelle istituzioni.

Leggere farebbe bene ai nostro governanti, sarebbero più illuminati e più predisposti alla costruzione del bene comune. Ma anche coloro che sono chiamati a sceglierli saprebbero farlo in maniera più consapevole. Provengo dalla terra di un grande teologo che ha chiarito il tema del Bene comune, San Tommaso D’Aquino, che sostiene, “poiché la società politica non è una sostanza, ma una relazione, il bene comune è il bene di tutti e di ciascuno, cioè un bene che non deve mai togliere all’individuo quello che gli è essenziale per essere uomo; non un bene a sé stante, perché appunto la società non è una sostanza a sé stante, ma quel bene che rifluisce sui singoli per il fatto della loro unione, un bene insomma del quale tutti partecipano”.
Forse, anzi ne sono convinto, al di là di uno sterile dibattito sulla riforma delle istituzioni, sul taglio della rappresentanza e su tutte quelle amenità che caratterizzano l’attuale dibattito, sarebbe il caso di “riformare” l’approccio complessivo, ripristinando l’antico primato della conoscenza, frutto della lettura di tanti libri.

E se può essere utile a questo obiettivo rendere detraibile l’acquisto di libri, facciamolo anche per sostenere gli eroici librai indipendenti. Recuperiamo l’antico fascino della carta contro l’attuale primato della conoscenza e dell’informazione che si acquista sulla rete e che non ha i crismi della verifica scientifica e che rompe i vincoli e le basi che da sempre hanno permesso all’uomo di crescere e progredire.
Aggiungo un ulteriore spunto: è urgente detassare l’acquisto di libri, tornare ad investire in biblioteche, che ogni paese d’Italia dovrebbe avere. Dal più piccolo al più grande. Ma detassiamo anche l’acquisto di giornali quotidiani. Se il libro è conoscenza, il giornale è informazione. Questi due aspetti devono viaggiare insieme. Sono i binari nei quali deve tornare a correre la locomotiva Italia.

Andrea Amata

Redazione

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