Loredana Falcone, dal duo Costantini & Falcone

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Da oggi è prenotabile il nuovo romanzo del duo scrittorio Costantini & Falcone (uscita ufficiale per goWare il prossimo 5 ottobre).

Ho voluto snidare la meno mediatica delle due.

Da quanti anni scrivete insieme?
Potrei risponderle che sono talmente tanti da averne perso il conto. Ma questo da un lato ci farebbe apparire troppo vecchie e dall’altro non corrisponderebbe a verità. Ricordo perfettamente il primo giorno che il duo ha intrecciato le penne (a sfera naturalmente), ricordo la pretenziosità del nostro primo plot narrativo, la storia che ci scorreva sotto le dita, l’entusiasmo, l’emozione, il primo assaggio di successo quando il quaderno cominciò a girare tra i banchi della nostra classe e i nostro compagni, protagonisti di un viaggio intergalattico, ci chiedevano di scrivere, scrivere, scrivere…

Perché scrivete insieme?
Di solito sono di poche parole, quindi potrei risponderle semplicemente che in due è più divertente. Ma non sarebbe esaustivo. Vede, le nostre sono storie di fantasia, i personaggi hanno sempre un appiglio con la realtà ma vivono una loro vita indipendente. C’è un po’ di Laura e Lory in ognuno di essi, ma non sono Laura e Lory, con le loro paturnie, i guai, i malesseri, le ipocondrie, i drammi, le fobie e quant’altro di negativo le venga in mente. La nostra è una narrativa d’intrattenimento, d’evasione e ne andiamo orgogliose. Ci piace pensare che dopo averci lette le persone possano sentirsi bene, soddisfatte e non sull’orlo del suicidio. Ma non voglio innescare una polemica sulla narrativa cosiddetta “impegnata”. Se mi è permesso aggiungerlo direi anche che scrivere insieme ci permette di poter vivere tutte le vite che vogliamo, come vogliamo, quando vogliamo. Posso confermare che in tutti gli scrittori è latente una percentuale di delirio di onnipotenza.

Intervistare lei invece che la sua partner di scrittura è quasi un’esclusiva. Può spiegare cosa la tiene lontana dalla ribalta?
Io sono pigra per natura e la socia è molto più capace ed esperta di me nelle P.R. Praticamente ne approfitto spudoratamente.
La verità è che sono spocchiosa, non è facile piacermi, è molto più facile irritarmi. E certi atteggiamenti in uso anche tra noi imbrattacarte mi disturbano al punto che potrebbe essere controproducente affidare a me le relazioni del duo. Per non parlare della mia incapacità di mentire. Manco di diplomazia e giornalisti, scrittori, artisti, è risaputo, sono molto permalosi.
Per contrasto sono anche timida, odio le improvvisazioni, le domande cretine durante le presentazioni, gli atteggiamenti da vip, “quelli che devi assolutamente leggere il mio ultimo lavoro” e potrei continuare all’infinito invalidando quanto premesso nella risposta precedente riguardo il mio essere di poche parole.

In occasione dell’uscita del vostro prossimo romano avete coniato l’hashtag #lauraetloryrevolution. Di che rivoluzione si tratta?
Di una rivoluzione nel nostro modo di pensare, di agire, di affrontare certe situazioni soprattutto in campo editoriale. Abbiamo realizzato che si può perseguire un obiettivo, e il nostro è quello di arrivare a interessare una fascia più ampia di pubblico, anche percorrendo strade alternative.

Ambasciatrice del telefono azzurro, autrice di un racconto di grande impatto per l’antologia “Nessuna più”, sempre protagoniste femminili nei vostri romanzi. Passare al rosa non è un passo indietro?
No. C’è modo e modo di essere rosa o, per meglio dire, si può usare rosa se è il colore giusto per mettere in risalto l’importanza della presenza femminile nella storia, nel sociale, nella politica e finanche nella vita di tutti i giorni. Stesso obiettivo ma attraverso strade diverse, appunto. Se qualcuno si aspetta che la protagonista del nostro romanzo sia la classica fanciulla indifesa che ammicca sorrisi dietro un ventaglio, che sviene nelle situazioni difficili, che affida al maschio la propria vita e le proprie aspirazioni, che inciampa e cade e si afferra alla mano virile o, peggio, che vada in delirio per una carezza proibita resterà deluso/a. Le nostre sono e resteranno “donne vere”, fragili e forti, timide e coraggiose, esitanti e determinate. Come è nella nostra natura del resto.

L’editoria italiana ama fidelizzare i lettori a plot e personaggi ben definiti e sempre simili. Voi vi lasciate alle spalle una spy-story con elementi thriller e mistery per cimentarvi nel romance a tinte storiche. Non è un azzardo?
Può darsi, ma sicuramente non è il primo. Per noi scrivere è soprattutto un gioco, a lei piacerebbe passare tutte le sue serate davanti a un tavolino di burraco? Ci piace saltare da un genere all’altro ma i temi base delle nostre storie sono sempre gli stessi, che poi è quello che distingue un romanzo da una storia autobiografica o un saggio. Ed è anche quello che la maggior parte di coloro che scrivono non riesce a capire.

Molte pubblicazioni, molti anni di scrittura professionale e, ancora, neanche una trilogia né un erotico. La svolta rosa è la fine del vostro anticonformismo narrativo?
L’erotico c’è stato, proprio in virtù della nostra smania di metterci alla prova. Un racconto breve voluto da Francesca Mazzuccato per la collana Cahier di Passione. Ed è stato positivamente accolto dai lettori. E c’è stata anche la trilogia. Il nostro “New York 1920”, un romanzo che si è avvicinato parecchio alle mille copie vendute, seguito da “Roma 1944. Lo sposo di guerra” e “Parigi 1980” che, a causa di vicende editoriali avverse è stato scritto e mai pubblicato. Per completare la risposta le dirò che chi ci ama e ci legge sa bene che una svolta vera e propria non c’è stata. L’amore, in tutte le sue sfaccettature, è il filo conduttore di tutte le nostre storie. Stavolta c’è solo una pennellata in più, che non dispiacerà, ne sono sicura.
Conta più la storia o la qualità della scrittura?
Sarò banale ma, se costretta, preferisco leggere una bella storia scritta male piuttosto che un florilegio letterario che non racconti nulla. Mi annoio facilmente.