L’Amore Cattivo a servizio delle donne violate. Intervista a Francesca Mazzucato

Scrittrice prolifica, Francesca Mazzucato ha trovato il suo posto nel mondo della parola, nel quale vive ormai da molti anni e in cui si destreggia con abile maestrìa. Oggi, pochi giorni dopo la presentazione del suo ultimo romanzo L’Amore Cattivo (Giraldi Editore), la leggiamo mentre ci racconta il lato oscuro dell’amore e della passione attraverso una narrazione che si fa donna per la donna.

Il 3 giugno è stata ospite presso la libreria Trame di Bologna per presentare L’Amore Cattivo, un romanzo che parla di un amore degenerato in ossessione e violenza. Crede che presentare al pubblico un tema sensibile per la donna possa essere d’aiuto, anche indirettamente, a coloro che vivono un rapporto fisicamente e/o psicologicamente violento?

Durante la presentazione bolognese si è creata una grande complicità, un grande senso di vicinanza, con le persone, soprattutto donne, intervenute ad ascoltare. Quindi credo di sì. Qualche timore l’avevo, il tema è delicatissimo e doloroso, ero supportata dalla giornalista Camilla Ghedini e questo ha sicuramente aiutato. Ma sono convinta che possa aiutare, sì.

Ha avuto modo di raccogliere, magari durante la presentazione ma anche negli anni passati, testimonianze di donne che hanno avuto il coraggio di reagire anche grazie a una storia, simile alla loro, raccontata in un romanzo?

Durante la stesura del romanzo, che è stata lunga e molto elaborata, ho letto libri, che riportavano testimonianze di vita vissuta e ho avuto contatti, che ovviamente non posso rivelare, con donne che si sono trovate in situazioni molto simili. Da quando è uscito il libro poi, quindi da pochissimo, mi hanno già scritto una decina di donne. Sono colpita da questo. L’atto narrativo, perché si tratta di un romanzo, si fa ponte, si fa meccanismo per avvicinare chi vive situazioni difficili. Spero che possa capitare ancora, io offrirò come ho sempre fatto con i miei lettori e le mie lettrici tutta la mia vicinanza.

I protagonisti di L’Amore Cattivo, Nora e Alessandro, entrambi professionisti di successo si lasciano prendere da un amore inaspettato. Poi lui, come spesso accade nelle storie di violenza, si mostra possessivo e maniaco del controllo. La violenza e la cattiveria in questo caso sono maschili, crede che una donna possa essere capace di un “amore cattivo” nei confronti di un uomo?

Sì, credo che sia un po’ meno frequente, ma che possa capitare. Alla base di questi comportamenti, che poi purtroppo degenerano in atti criminali, ci sono spesso disturbi narcisistici della personalità, e possono colpire uomini e donne anche se sono più frequenti negli uomini. Un po’ di “sano” narcisismo è presente in tutti noi o quasi, ma la degenerazione patologica del disturbo narcisistico è gravissima, e spesso porta a comportamenti violenti e a manipolazioni psicologiche che hanno conseguenze devastanti per le vittime.

Il passato determina come noi vivremo in futuro, e come ci rapporteremo con gli altri. In che misura Nora e Alessandro sono condizionati dal loro passato?

Molto. Il condizionamento esiste, poi esiste la capacità di capire come si desidera vivere. Se ingabbiati dal passato, se vittime perpetue di quello che è successo, oppure no. Occorre allora acquisire consapevolezza, e la capacità di saper mettere confini precisi nei rapporti con gli altri.

Secondo lei esiste un punto di rottura, un momento in cui, in una relazione, l’amore perde la sua connotazione altruistica e genuina e diventa egoista, ossessivo?

Esiste eccome. Un certo tipo di cultura ci ha portato a considerarlo persino positivo. L’abisso dell’ossessione può essere una tentazione (parlo anche per esperienza personale). Si sottovalutano le conseguenze. Il punto di rottura deve essere riconosciuto e occorre una radicalità che nasce dall’autostima e dal rispetto per se stessi.

Leggendo la sua bibliografia si intuisce che la passione (non solo quella negativa) è la protagonista di molti dei suoi romanzi. Da dove trae l’ispirazione per raccontare lo stesso tema con sfumature sempre nuove?

La passione è una dannazione e una perla, una luce e un tunnel, la passione spinge e blocca. Innamora di persone e luoghi, alimenta e sfibra. Credo che cercare le sfumature sia l’obbligo dello scrittore, almeno il mio. Siamo “redattori di varianti”. Tante storie sono già stare raccontate. Nel “come” c’è la differenza.

Ha scritto un numero significativo di libri, tra saggi e romanzi, c’è un genere che la fa sentire più al sicuro?

Mi piace scrivere di luoghi, romanzi di viaggio, mi piace scrivere di spazi urbani e di città, di corpi e di donne ma cerco sempre di uscire dalla mia zona di conforto, non devo e non voglio sentirmi al sicuro.

Sta già lavorando a un nuovo progetto? Se sì, ce ne può parlare?

Sì, ci sono due progetti. Una stesura a cui sto lavorando da un anno, destinata a un’uscita digitale, e non so se vedrà mai la luce. Ci lavoro, interrompo, riprendo. E un nuovo progetto che ha, come tutte le albe , come tutti gli inizi quel “magico” che richiede il silenzio.

Federica Colantoni

Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.