I capolavori scritti sotto effetto di droga

E’ usuale che artisti e scrittori cercano di stimolare o ritrovare la loro fantasia e ispirazione attraverso vari metodi.

Alcuni autori famosi ammettono di aver fatto uso di droghe, dalle più pesanti alle più leggere per potenziare le loro capacità artistiche, altri preferiscono sentire una determinata musica, fumare sigarette o bere caffè.

Spesso, grazie a questi stimolanti, sono nate le opere di maggior successo di alcuni artisti, come Baudelaire, che con alcuni suoi contemporanei, i cosiddetti “poeti maledetti” tra cui Verlaine, Rimbaud e Mallarmè, entrò a far parte del Club des Hashischins in cui si provocavano allucinazioni sottoponendosi a droghe, prima fra tutte l’hashish, la quale ispirò alcuni componimenti del medesimo autore, de Les Fleurs du Mal, il saggio Les Paradis artificiels e Opium et haschisch. Baudelaire era noto per la vita sregolata bohémien che svolgeva, dedita a droghe, alcool e sesso per manifestare il suo rifiuto della società contemporanea.

Charles Bukowski, i cui libri raccontano il mondo che lo circondano senza riserve, amava esagerare con l’alcool infatti sono celebri alcune sue frasi al riguardo come: “Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa.”

Numerosi scrittori fanno uso di stimolanti e sostanze stupefacenti per aumentare le loro potenzialità, e dare il meglio di se stessi, come William Shakespeare che faceva uso di marijuana prima di comporre le sue opere.

Stephen King affermò che per scrivere Cujo, bevve così tante birre e assunse droghe da non ricordare quasi nulla della stesura di questo libro.

Michail Bulgakov scrisse Morfina ricordando la sua precedente esperienza di assuefazione dalla suddetta sostanza.

Edgar Allan Poe, maestro del noir, fu vittima dell’alcool che fu fonte di ispirazione per molti dei suoi racconti del terrore grazie alle continue visioni e distorsioni della realtà che gli provocavano i fumi dell’alcool quando esagerava.

Molti altri ancora come Charles Dickens facevano uso di oppio, Victor Hugo di hashish e Robert Louis Stevenson di cocaina e morfina grazie alla quale scrisse in soli sei giorni Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde.

Jean-Paul Sartre espresse in La nausea le nuove dimensioni che era venuto a conoscenza grazie all’assunzione della mescalina, non riuscendo più a distinguere la differenza tra mondo reale e quello delle allucinazioni, e venne ispirato dal caffè e dal corydrane per la stesura della Critica della ragione dialettica.

Persino Elsa Morante fece uso di mescalina, seppur sotto il controllo di un medico come affermava Alberto Moravia, e di LSD il cui nome si ritrova nelle iniziali dei titoli di alcuni suoi componimenti come La sera domenicale e La smania dello scandalo.

Redazione

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