80 esperti contro Google: più chiarezza riguardo il “diritto all’oblio”

Come ben sappiamo, le aziende del settore terziario e del terziario avanzato non sono di certo famose per le loro politiche sulla privacy e la protezione dei dati personali, men che meno se si tratta di ditte produttrici di computer, smartphone ed altre tecnologie. Tra queste primeggia Google ovviamente, dato che il suo omonimo motore di ricerca regna incontrastato da anni sul web, nonostante le più recenti entrate in scena di Yahoo, Bing e varie altre.

Gli utenti più attenti ed informati sapranno sicuramente che, mesi fa, Big G ha introdotto il cosiddetto “diritto all’oblio” (“right to be forgotten” in inglese), ovvero la possibilità per un utente di essere totalmente “cancellato” da Internet, sia dai risultati di ricerca, che potrebbero condurre ai suoi profili sui social network, e sia qualsiasi altra informazione personale immagazzinata online. Le ragioni di tale richiesta possono essere molteplici: si passa ad esempio da motivazioni come la morte dell’utente, o l’incriminazione dell’utente per qualsiasi tipo di reato, oppure per ragioni di sicurezza, nel caso in cui ci si ritrova dinanzi ad una vittima di stalking o ad un rifugiato politico perseguitato dal suo paese d’origine, e così via.

Ciò che però non è affatto chiaro è la dinamica sulla quale si basano tali richieste: come vengono formulate, quali sono i limiti, quando possono essere accettate e quando no, quali informazioni possono essere cancellate e quali no e tante altre. Di fatto, Google, in seguito ad una condanna a maggio 2014 da parte dell’UE che pretendeva il diritto alla cancellazione dei dati online per i cittadini europei che lo richiedevano, ha avviato la creazione del Comitato Consultivo per il diritto all’oblio che, tra gennaio e febbraio 2015, ha stilato una lista sulla quale Big G deve basarsi per le richieste di diritto all’oblio. Tra di esse spiccavano in primis la richiesta di trasparenza nelle pratiche di questo speciale diritto, nonché la giusta concatenazione, comunque molto complessa da attuarsi, tra il diritto all’informazione e il diritto alla privacy, in modo da non ledere né i richiedenti del diritto all’oblio né coloro i quali sono interessati o si informano su questi individui.

Tuttavia, la faccenda risulta essere appunto poco chiara ed è per questa ragione che, pochi giorni fa, un team di 80 esperti di leggi informatiche e protezione dei dati personali ha firmato una lettera di quattro pagine, pubblicata sul The Guardian ed indirizzata al colosso di Mountain View, nella quale hanno infatti preteso un elenco preciso di tutti i passaggi da seguire nelle richieste di diritto all’oblio, in modo da far capire a tutti, parti lese e parti chiamate in causa, nonché all’opinione pubblica, se tali richieste garantiscano davvero o solo all’apparenza una totale difesa della privacy o meno. Tra questi esperti firmatari vi sono anche alcuni membri del Comitato Consultivo di Google, al fine di sottolineare ancor di più il peso delle parole scritte nella lettera.

Nel botta e risposta riguardante tali dubbi e perplessità, Peter Fleischer, consulente generale della privacy di Google, ha recentemente affermato, durante un incontro con degli esperti europei di protezione dei dati digitali a maggio, che Big G “sta stilando un vasto programma legislativo, molto dettagliato, riguardo il diritto all’oblio”, ma la risposta degli 80 esperti è stata:” È’ vero, ma la sta stilando tenendo, come al solito, allo scuro le parti interessate.” Per questo motivo, un altro portavoce di Google ha affermato che “un rapporto chiaro e trasparente verrà pubblicato entro sei mesi dalla decisione di creare una legge sul diritto all’oblio, in modo da dare a tutti, nessuno escluso, la possibilità di comprenderla appieno. Il nostro sulla trasparenza delle richieste è in continua evoluzione e ci è molto utile ricevere dei feedback come questa lettera per comprendere cosa possa essere utile per l’opinione pubblica. Terremo quindi in considerazione queste idee proposte dagli esperti, usandole come contrappesi opposti ai vari limiti, riguardanti la fattibilità di tale legge e la protezione dei dati personali, che si pareranno dinanzi nel nostro cammino.”

Ora, se Google ascolterà o no i pareri di questi esperti resta un vero mistero, poiché solo quando questo fantomatico rapporto sulla trasparenza verrà pubblicato, sapremo se il portavoce ha detto la verità, ma ciò che è certo è che, a mio parere, appariranno molti altri ostacoli nel cammino di Big G, che dovrà sopportare le costanti pressioni di chi è interessato, ditta o agenzia governativa che sia, nella continua e incessante raccolta e disponibilità di dati personali online.

Intanto, Microsoft ha già realizzato da sei mesi un modulo da compilare online per richiedere la cancellazione dei propri dati dal suo motore di ricerca Bing, quindi fatevi avanti, maniaci della privacy.

Redazione

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