Venezia sempre più a rischio. E l’Unesco che fa?

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Ieri 19 maggio la direzione generale dell’Unesco, che ha sede a Parigi, ha reso noto tramite un comunicato i nuovi timori espressi da parte delle autorità italiane relativamente allo stato di Venezia e della sua laguna, complesso inserito nella lista del patrimonio dell’Umanità nel 1987. La direzione generale dell’Istituto, che da parte sua ha confermato di voler seguire da vicino la vicenda in concerto con le autorità italiane, ha annunciato che prenderà provvedimenti per contribuire a migliorare le condizioni e lo stato di conservazione del sito.
Negli ultimi anni siamo stati piuttosto abituati a ricevere notizie poco rassicuranti sulle condizioni della Laguna e sui rischi di trasformazione del tessuto urbano a cui l’ex Serenissima potrebbe andare incontro. Senza voler qui entrare eccessivamente nel merito di una questione che è stata a più riprese analizzata e sviscerata da esperti, ricorderemo come le cause di questa situazione siano le più disparate e quasi sempre imputabili all’incuria. Tra le principali è certamente la presenza di imbarcazioni turistiche assolutamente inadatte al contesto lagunare veneziano: “Troppe navi grandi” ha sintetizzato un paio di anni fa (in un articolo apparso sul The New York Review of Books e riportato dal Giornale dell’Architettura del giugno 2013) Anna Somers Cocks, persona sensibile alla preservazione del patrimonio culturale e artistico italiano, nonché romana di nascita.

Già nel 2012 Enrico Tantucci de La Nuova Venezia (e in vero molti altri prima di lui, tra cui Gianantonio Stella, che nel giugno 2012 si scagliava contro quelle crociere “che uccidono Venezia”) asseriva, riassumendo i principali punti critici, che “tra le principali emergenze di Venezia e la sua laguna sono il moto ondoso da vento e da traffico acqueo, la distruzione dei fondali causata dalla raccolta illegale vongole, l’inquinamento e i problemi di conservazione del patrimonio edilizio e delle sue trasformazioni funzionali dovute alla progressiva perdita di popolazione residente stabilmente nel centro storico e nelle isole e alla crescente pressione dovuta al carico turistico che rischia di diventare insostenibile”.

Di tutto ciò, e in particolare sulla necessità di far rispettare il Piano di salvaguardia del complesso lagunare, si discute da molto tempo ormai. Si discute sulla necessità di puntare su un turismo responsabile e numericamente sostenibile, sull’accoglienza di imbarcazioni adatte alla peculiare situazione urbanistica e su molto altro. Il Piano è stato presentato nel marzo 2013, davvero troppo tardi, riteniamo (anzi è davvero curioso, ci sembra, che non fosse già pronto al momento dell’inserimento di Venezia nella lista del patrimonio Unesco nel 1987). Insomma ancora una volta ci ritroviamo a dover inseguire un ritardo.

Ora l’osservatorio Icomos, che fa capo all’Unesco, avrà il compito di valutare la situazione e lo stato di salute del sito, nonché di verificare, in ultima analisi, se sia il caso di inserire Venezia e la sua Laguna tra i siti Unesco a rischio, cosa che non ci auguriamo ma che a un certo punto diventerebbe un obbligo e un punto da cui ripartire.

Saranno sufficienti queste precauzioni? L’auspicio e l’augurio è che quest’ultimo appello all’Unesco possa finalmente portare, se non a una risoluzione rapida, quantomeno a una presa di posizione netta, una volta per tutte, tanto da parte delle autorità italiane quanto delle rappresentanze Unesco e quindi delle stesse Nazioni Unite.