Un corso a scuola per imparare a difendersi dalle fake news

Non è necessario essere ancora sui banchi di scuola per rendersi conto di come internet abbia profondamente modificato il nostro modo di fare ricerca. Oggi è molto più facile reperire un numero infinito di informazioni attraverso un qualsiasi motore di ricerca. Questo però ha paradossalmente complicato le cose: se fino a qualche anno fa eravamo certi della veridicità delle informazioni che riuscivamo –anche con fatica- a reperire nelle biblioteche, oggi è necessario avere un approccio molto più critico per discerne l’infinito materiale online. Ed è sempre più necessario che la scuola si adegui a questo: sarebbe anacronistico, oltre che inverosimile, chiedere agli studenti di ignorare le infinite possibilità offerte da un motore di ricerca ed obbligarli a consultare solo libri cartacei. E sicuramente sarebbe anche controproducente demonizzare in toto il web, dato che ormai è un dato di fatto che faccia parte della nostra quotidianità.

Per questo è fondamentale che la scuola oggi si ponga come primo obiettivo quello di formare menti indipendenti e critiche, fornendo gli strumenti per destreggiarsi in un mondo saturo di informazioni. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative che mirano a questo, a partire dal progetto #bastabufale promosso dalla Presidente della Camera e dalla ministra Fedeli. Dal 2016 è attiva anche l’associazione no profit Factcheckers che riunisce giornalisti, social media verifiers e web developers per educare al fact-checking: l’obiettivo è proprio quello di diffondere la cultura della verifica delle fonti tra studenti, docenti e organizzazioni educative. Perché, come ha dichiarato la giornalista Gabriela Jacomella, co-fondatrice dell’associazione “non basta spiegare cosa sia una fake-news, bisogna spiegare come riconoscerla e non subirla: la scuola è uno degli ultimi momenti di formazione collettiva, dove si apprendono contenuti e dove si dovrebbe sviluppare senso critico.” Pochi e chiari sono i suggerimenti che la Jacomella riporta anche nel suo manuale Il falso e il vero edito da Feltrinelli: controllare l’Url, verificare la data di pubblicazione, stare in guardia da titoli urlati che seno solo alla ricerca di clickbaiting. Non sottovalutiamo mai, infatti, che dietro il numero di click ottenuti c’è un vero e proprio mercato: Trend Micro, multinazionale che si occupa di sicurezza online, ha di recente dimostrato come siano sufficienti trenta dollari per compare una notizia falsa e farla diventare virale.

Auspichiamo però che agli studenti si continui ad insegnare a fare ricerca anche con metodi tradizionali: solo così si può apprendere un metodo operandi da riutilizzare anche nel far west di internet. Saper utilizzare un vocabolario, incrociare le fonti, compilare una bibliografia: tutto questo non dovrebbe scomparire ma diventare complementare ai nuovi, potentissimi, mezzi di diffusione del sapere. Senza dimenticare che trascrivere o ri-elaboarare un concetto desunto da un libro cartaceo, implica un livello di apprendimento molto superiore a quello richiesto dal fare un semplice copia-e-incolla. Verba volant, scripta manent?