Still Alice: l’arte di perdere

L’arte di perdere non si impara e a questa non ci si abitua, soprattutto se stiamo perdendo i nostri ricordi. Perché noi siamo la percezione delle cose che sono state, quell’insieme di frammenti senza corpo che ci danno forma.
Ci sono film tratti da romanzi ma ancor più dalle nostre vite, sono proprio questi i film che non riusciamo più a guardare con oggettività e che ci lasciano quel retrogusto amaro o dolcissimo a seconda delle esperienze. Mio nonno l’anno scorso è morto di Alzheimer. Per me Still Alice è stato questo.

Alice (Julianne Moore) è un’affermata linguista e professoressa della Columbia University di New York. Un marito (Alec Baldwin) che la venera e tre figli (Kristen Stewart, Kate Bosworth e Hunter Parrish) . Alice è una donna forte perchè consapevole della potenzialità del suo intelletto, fino al giorno in cui la malattia si insinua lentamente tra le sue certezze in un crescendo drammatico. E’ ancora giovane Alice, quando le viene diagnosticato il morbo di Alzheimer ereditario. Le parole galleggiano nella mente inafferrabili, e così gli appuntamenti, le date, i numeri, i volti si confondono, fino ai più tragici segni di decadimento – che porteranno Alice a non riconoscere membri della sua famiglia. Nel tentativo di tenere insieme i pezzi della sua vita, la donna vede svanire il mondo di cui era protagonista davanti ai suoi occhi.

Still Alice è un film sincero, che colpisce per la sensibilità con cui racconta la dignità umana senza mai cadere nel patetismo. “Il pubblico non viene a vedere te. Le persone vengono per vedere loro stessi”, ha dichiarato l’attrice. La cinepresa segue la protagonista nel drammatico declino psico-fisico, si insinua con discrezione nella sua mente sempre meno presente a se stessa. Il punto di vista è quello di Alice e l’effetto che ne discende è dirompente: un viaggio nel cervello umano che cellula dopo cellula si sta spegnendo. Lontano da Amour di Haneke che guarda alla malattia con gli occhi del marito e degli affetti della protagonista, Still Alice ci fa vivere il dramma della personificazione.
La malattia è raccontata in maniera lineare e a tratti prevedibile, ma la polivalente Julianne Moore brilla così tanto in questo ruolo da far cadere ogni accusa di mediocrità. Vincitrice ai Golden Globe come Migliore Attrice in un Film Drammatico, la Moore – che vanta un credito enorme nei confronti dell’Academy con quattro nomination andate a vuoto – è l’attrice più quotata proprio per la statuetta più importante: gli Oscar.

L’arte di perdere è una delle cose più terribili da guardare e da raccontare. Still Alice non ha paura di farlo.

Francesca Bianchini

Nata a Roma 24 anni fa , ho origini lucane. Mi sono laureata in Giurisprudenza alla LUISS Guido Carli di Roma con una tesi in Diritto dei Media. Ho collaborato con la rivista on-line ”Ciao Cinema” e con giornali universitari. Guardo al futuro con gli occhi del viaggiatore avido di esplorare nuove mete. La prima tappa del mio percorso professionale è in Sky Italia, per la quale sto attualmente lavorando. Trovo rifugio nel cinema e nell’arte e gli sono devota per avermi insegnato che la realtà non è solo frutto della percezione, e che dietro ogni bellezza c’è poesia.