“Rai Dire Nius” e il depauperamento senza senso della tv generalista

di Gennaro Pesante, in Blog, del 25 Feb 2017, 12:18

Perfettamente in linea con le logiche antipolitiche e di depauperamento di tutto ciò che è pubblico sembra essere anche il programma di Raidue “Rai Dire Nius” della Gialappa’s Band. Ascolti a parte, e largamente deludenti rispetto alla corazzata – anche se sempre più monotona e copia sbiadita dei tempi che furono – di “Striscia la notizia”, lo spazio in “access prime time” della seconda rete Rai è una accozzaglia di cose viste e straviste, con l’aggravante dello “spaccio” di video pescati dal web che anche il meno assiduo frequentatore di social network ha visto più volte (e senza ridere). A questo si aggiunga il comico Michele Foresta, che forse faceva più ridere come “mago Forest” e l’incolpevole giornalista del tg Mia Ceran, messa lì chiaramente con il proposito più becero che si possa immaginare per la tv, ovvero quello di attirare ascolti in forza della sua bellezza. Insomma, il peggio assoluto.

Ora, che la dirigenza Rai abbia l’assillo del taglio dei costi è certamente un tema che può togliere il sonno. Ma che alla sottrazione di denari corrisponda anche il taglio assoluto della creatività, dopo che l’azienda era riuscita nella brillante operazione di spalmare il canone a macchia d’olio attraverso le bollette, il tutto comincia a essere un po’ antipatico. Stessa cosa dicasi rispetto al tema degli stipendi delle star cui è stato messo il tetto dei 240 mila euro che si usa per i dirigenti. Davvero tutto questo ha un senso? Davvero qualcuno pensa di salvare in questo modo la tv pubblica? Può darsi che tutto questo risani le casse, ma è possibile che uccida l’anima stessa della televisione. La Rai non è solo una partita iva e registri da tenere in ordine. Con tutto il rispetto per l’economia, la Rai fa informazione, cultura e intrattenimento. Deve, insomma, attirare pubblico e, possibilmente, offrirgli contenuti di qualità.

Anche sotto la dirigenza di Antonio Campo Dall’Orto, intrisa di proclami su innovazione-web-social-digitale e quant’altro, il programma di maggiore successo di Raiuno continua a essere il Festival di Sanremo, cioè uno dei programmi più “vecchi” – sia come format che come data di nascita – di tutta la tv italiana.

Cosa resterà, dunque, dell’azione dell’attuale dirigenza e dei palinsesti di questi ultimi anni? Probabilmente la stessa cosa che rimaneva negli anni settanta, ottanta e novanta: Sanremo, Domenica In, le polemiche politiche sull’informazione e la lottizzazione. Si direbbe che si salvano le fiction, spesso di buona fattura e di successo (negli ascolti), ma se si pensa al fuoco di fila di Sky Atlantic e dei canali Fox che sfornano una nuova serie tv praticamente ogni settimana rispetto ai tempi biblici di viale Mazzini viene di affidare il proprio tempo, e le proprie serata, alla pay-tv in modo permanente. Come, del resto, gli italiani fanno sempre di più.

Gennaro Pesante

Gennaro Pesante, nato a Manfredonia nel 1974. Giornalista professionista, vive a Roma dove lavora come responsabile dei canali satellitare e youtube, e come addetto stampa, presso la Camera dei deputati.