Premio Equilibrio 2015: i finalisti in scena

Finalmente ha avuto inizio Equilibrio. Festival della nuova danza e anche quest’anno è stato aperto, come ormai da tradizione, con la presentazione dei finalisti del Premio Equilibrio 2015, concorso arrivato all’ottava edizione, destinato ad artisti emergenti italiani e alla sperimentazione di nuovi linguaggi coreografici. Il fine settimana appena trascorso ha contenuto due pomeriggi di visione dei lavori dei sei giovani coreografi selezionati dal direttore artistico del festival Sidi Larbi Cherkaoui tra le 57 proposte ricevute quest’anno.

Ad osservare le performance insieme al pubblico è stata una giuria internazionale composta da grandi professionisti del settore, ad evidenziare come, nel corso degli anni, il Premio sia diventato una vetrina di prima scelta in ambito non solo nazionale ma europeo: Eddie Nixon, Marc Olivé Lopez, Benjamin Perchet, Luca Silvestrini e Nicolas Six. Saranno loro a scegliere il progetto vincitore dei 12.500 € per la produzione dello spettacolo che sarà presentato in prima assoluta ad Equilibrio Festival 2016 e l’artista che meriterà il Premio Speciale Equilibrio Roma per l’interprete, consistente in € 7.500 € da utilizzare per la commissione di un a solo ad un coreografo internazionale.

La serata del 7 febbraio si è rivelata perfetta per dare inizio a un’edizione che ha scelto di svolgersi attorno al tema de La Coppia e la Comunità, a partire dalla prima proposta, La quiete apparente di Tiziana Bolfe Briaschi, un lavoro completo che vede sei danzatori in un’indagine che mescola il rapporto con il partner all’azione collettiva. A seguire poi Ne bouge pas di Antonio Ceresia, un dinamico e ben coreografato duo maschile ispirato al romanzo di Margaret Mazzantini Non ti muovere. A concludere zero di Elisabetta Lauro, un lavoro di una sensibilità e teatralità bauschana, una danza vorticosa e inarrestabile all’interno di uno stato di annullamento e abbandono che trascina la coppia alla ricerca di un punto fermo inesistente, di una forma fissa che la vera vita non possiede.

Una prima tranche che in generale lascia allo spettatore un sapore di familiarità in strade già percorse e modelli condivisi ma proprio per questo piacevolmente fruibili; una tendenza che si scontra nettamente con le proposte della domenica, 8 febbraio, composta dai lavori di tre artisti che hanno portato in scena tre diverse sperimentazioni coreografiche in cui, ogni lavoro a modo suo, movimento, suono e spazio hanno preso nuova forma e senso all’interno di una ricerca artistica personale, lungo un sentiero stabilito da un pensiero. È La medesima ossessione: il corpo di Stellario di Blasi ad iniziare spostando l’attenzione dal rapporto con l’altro a quello con il proprio corpo ed il proprio essere fisico, animale e primordiale, esaminando un desiderio di piacere individuale e per questo degenerato, in continua oscillazione tra resa e resistenza; un lavoro che sa dimostrare di essere la forma concreta di una riflessione. È poi la volta del solo di Piergiorgio Milano Pesadilla: “pesadilla” significa incubo ed il lavoro, piacevolmente interessante e leggero allo stesso tempo, è il risultato di una ricerca di movimento che percorre l’esperienza notturna di un limbo tra insonnia, narcolessia e sonnambulismo in cui si riflette la vita fatta di stress e fatica che scorre di giorno. In chiusura ancora un duo maschile: Yellow Place di Mattia Russo e Antonio de Rosa è una performance in cui la danza ha sicuramente il sopravvento sugli altri elementi, a partire da quello drammaturgico, un lavoro che va messo in evidenza soprattutto per la qualità estetica della coreografia e dei danzatori.

Lavori diversi che stimolano interessi e piaceri diversi, per questo a volte scomodi da mettere a confronto. Non resta che attendere il verdetto. L’ultima parola spetterà ai giudici ma, per un concorso simile, il pubblico può felicemente auspicare che la scelta non si fermerà al sicuro di linguaggi già costruiti ma che oserà verso qualcosa di nuovo, forse imprevedibile e ancora da inquadrare, certamente degno di essere approfondito per poi tornare a mostrarsi, dopo un anno di studio, in una forma completa e conclusa.

Chiara Mattei

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