“Plouf” al SalaUno: insieme per compagnia o coraggiosamente soli?

Sarà in scena fino al 21 dicembre presso il teatro SalaUno “Plouf- A love story” di Mitridate Minovi, un’opera teatrale composita in cui si passa dalla commedia al noir e dal fumetto al musical.

La storia propone un divertente triangolo amoroso: Casper ama Penelope, che ama a sua volta un pupazzo di nome Harry. Il protagonista (Leonardo Maddalena) cerca in maniera un po’ goffa di corteggiare e conquistare una ragazza (Beatrice Fedi) che lo tratta come uno zerbino, mentre va a letto con il pupazzo (Daniel Terranegra). Casper arriva persino ad uccidere per attirare l’attenzione di Penelope che, infatti, alla fine lo sposa, per poi ritrovarsi in un matrimonio infelice. A questo punto il pupazzo si toglie la maschera e propone un’ampia riflessione sulle scenette che si sono susseguite durante lo spettacolo, suddividendo le persone in due categorie: quelle che e quelle chenon, inetti e “alfa”. Tale panoramica sul genere umano racchiude in sé la morale di uno spettacolo che vuole passare al crivello tutte le nevrosi della società odierna, dal morboso utilizzo dei social networks alle vacue serate in discoteca, sottolineando la totale mancanza di effettiva comunicazione tra le persone.

Lo scrittore Osho in “Con te e senza di te” scriveva che in amore due “ricchi” vivranno da re, mentre due “poveri” vivranno del loro odio reciproco perché alla fine non hanno nulla da offrirsi. Anche nel caso di Plouf, all’eterna e mesta solitudine di Harry si contrappone l’infelicità della coppia, formata da due persone che si sono unite “per un po’ di compagnia”, non per reale affiatamento, e che rimangono insieme per lo stesso motivo.

Allo spettatore, dunque, non resta che immedesimarsi in una delle due categorie per capire se preferisce una solitudine vera, dettata dal coraggio di non accontentarsi, o una compagnia apparente dovuta alla paura di restare solo.

La parola onomatopeica che fa da titolo all’opera racchiude perfettamente il senso di un’esistenza vana, fatta di compromessi, ma allo stesso tempo suggerisce l’ironia con cui viene portata sulla scena la condizione umana: lo spettacolo è inframezzato dall’impeccabile arpista Chiara Marchetti, che suona il delicato strumento in maniera del tutto inedita, proponendo anche lo squillo del cellulare e lo sparo della pistola.

Divertente e piacevole, ma allo stesso tempo pregno di significato: Plouf è senza dubbio un’opera “a quadri” che fa ridere, a cui non manca però un filo conduttore di spessore, che offre allo spettatore interessanti spunti di riflessione sulla propria vita.

Alessia Pizzi

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