Pc Lenovo con malware a sorpresa: quando la privacy diventa un optional

Fino ad un paio di anni fa ci saremmo aspettati di vedere certe cose solo nei film. Mentre oggi, con lo sviluppo tecnologico sempre più galoppante, gli internauti hanno capito che la privacy sta diventando sempre più un miraggio lontano.

Dopo i casi di WikiLeaks e di Edward Snowden, che ci hanno fatto comprendere quanto siamo spiati giornalmente tramite smartphone, SmartTV, smartwatch, computer e quant’altro, non deve affatto stupirci ciò che la ditta cinese Lenovo, divenuta famosissima per via dell’acquisto di Motorola, precedentemente appartenuta a Google, ha combinato a partire da settembre 2014.

Infatti, pochi giorni fa, alcuni acquirenti di pc Lenovo hanno cominciato a lamentarsi e a protestare, poiché nei loro computer, comprati recentemente, era preinstallato uno dei malware-adware più famosi e pericolosi di tutti, ovvero Superfish.

Questa “bestiaccia informatica” ha il potere di insinuarsi nei browser installati nel pc e, rimuovendo il preziosissimo protocollo di navigazione criptato HTTPS, spia ed osserva tutto ciò che l’utente legge e ricerca, in modo da proporgli acquisti più convenienti secondo la ditta Superfish Inc. e, addirittura, indirizzare i web surfers su versioni fasulle di siti reali, così da avere la possibilità di rubare i dati dell’utente. Non a caso, il nome Superfish è alquanto ambiguo, visto che una delle attività informatiche illecite più famose si chiama phishing, la quale permette al cracker o cybercriminale che la mette in atto di ottenere informazioni personali dell’utente tramite dei veri e propri specchietti per le allodole, ovvero siti falsi, copia perfetta di quelli originali.

Naturalmente, la collera degli web users è stata feroce ed immediata, dato che la tranquillità di acquistare un pc è stata totalmente compromessa dalla paura di vedere violata la propria privacy. Se inizialmente Lenovo è rimasta in laconico silenzio, pochi giorni dopo lo scandalo ha finalmente rilasciato un comunicato, per bocca del CTO Peter Hortensius, nel quale la ditta cinese ha “rattoppato” il calo di fiducia affermando che il tutto era parte di un esperimento per cercare di offrire il meglio agli utenti, senza minare la loro privacy. L’azienda ha inoltre fornito due tools di rimozione dell’adware, con le dovute scuse e la garanzia assoluta di offrire d’ora in avanti computer con sistema operativo Windows completamente pulito ed originale.

Tuttavia, le scuse non sono bastate: molti utenti, insoddisfatti e sospettosi, hanno preferito reinstallare da capo Windows 8.1, preinstallato nei pc Lenovo più recenti, rimuovendo in maniera definitiva qualsiasi “impurità” e dovendo però sborsare ulteriori 120 doolari in media per ottenere il disco d’installazione originale, fornito da Microsoft. Inoltre, il team di pirati informatici britannici e mediorientali noto come Lizard Squad, resosi famoso l’anno scorso per i ripetuti attacchi al PlayStation Network di Sony, ha violato il sito ufficiale di Lenovo, come rappresaglia per la condotta scellerata dell’azienda cinese nei confronti dei suoi clienti.

In conclusione, ciò che gli internauti hanno richiesto a gran voce, dopo un episodio di violazione della privacy così grave, è di avere la certezza assoluta di non essere costantemente spiati ed osservati da governi, aziende informatiche e ditte creatrici di adware. Una richiesta alquanto utopica, dato che, in questa maniera, agenzie governative come l’NSA dovrebbero chiudere bottega.

Redazione

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