Niente televisione in montagna. L’Italia del digitale …a chiacchiere

di Gennaro Pesante, in Blog, Media, New media, Televisione, del 18 Apr 2017, 10:35

Una delle espressioni più utilizzate nell’era del digitale, di internet e dei social network è “digital divide”, ovvero il divario che c’è tra chi è alfabetizzato dal punto di vista digitale e chi non lo è, o lo è parzialmente. Ebbene, a fronte del grande uso che si fa delle due parole magiche, questo divario a quanto pare non solo non viene colmato, ma risulta avere un buco sostanzioso proprio lì dove ormai dovrebbe essere un anacronismo. Cioè nella tv di Stato.

Qualche giorno fa l’Uncem – Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, peraltro presieduta da un deputato Pd, Enrico Borghi – ha fatto sapere che “in Italia almeno 5 milioni di persone continuano a registrare difficoltà nella ricezione (del digitale terrestre, ndr)”. Il dibattito sul tema è stato riaperto in sede di rinnovo della Concessione tra Stato e Rai, approvata dal governo e in vigore dal prossimo primo maggio. In quel documento, su questo tema, si è appreso che proprio lì dove ci sono ancora difficoltà di ricezione la Rai dovrà garantire la copertura del segnale televisivo con altri mezzi. Ovvero, lì dove il digitale fa fatica ad arrivare farà supplenza il satellite. Il tanto vituperato satellite. Quindi il decoder “Tivusat”, che già permette agli abbonati Rai di usufruire dei canali sul digitale tramite la tecnologia sartellitare, dovrebbe diventare una sorta di “diritto” garantito ai cittadini residenti nelle zone, spesso montane, che praticamente non vedono la televisione pur pagando il canone.

Se non altro è una risposta, che però fa riflettere a proposito di quanto il sopracitato “digital divide” sia assai più profondo di quanto si voglia far credere. Che la tecnologia digitale fosse superata è materia che venne discussa a partire dall’anno 2001. Fu infatti il governo Berlusconi a gestire, senza qualche trionfalismo, il varo definitivo del “nuovo” sistema che ebbe il suo culmine con il famoso “switch-off” il 31 dicembre 2006. Un momento che molti italiani non ricordano con grande piacere, dato che per molti di loro ha segnato l’impossibilità di guardare la tv, che fino a un momento prima guardavano perfettamente.

Digitale o no, il desiderio di modernizzazione del nostro Paese spesso si scontra con questi paradossi. Un po’ come l’Alta Velocità per i treni: sappiamo bene che ci sono tratte su cui i Freccia Rossa viaggiano su binari della vecchia rete. I viaggi, in effetti, restano lunghi. Però i prezzi sono aumentati. Ma questa è un’altra storia.

Per quanto riguarda la tv, per mettere una pezza sull’ormai acclarato insuccesso del digitale terrestre si chiama in soccorso il satellite, cioè quella tecnologia che si voleva affossare per fare dispetto a Murdoch, nel disperato tentativo di difendere l’indifendibile sistema italiano generalista, tutto basato sul duopolio sempre più in crisi Rai-Mediaset. Sistema vecchio sia nella tecnologia che nelle idee, mentre la tematizzazione dei contenuti e l’offerta tecnologica della piattaforma satellitare continua a crescere. E chi desidera vedere della buona e moderna tv deve continuare a pagare (e non poco).

Gennaro Pesante

Gennaro Pesante, nato a Manfredonia nel 1974. Giornalista professionista, vive a Roma dove lavora come responsabile dei canali satellitare e youtube, e come addetto stampa, presso la Camera dei deputati.