L’ex killer della gang di Pablo Escobar diventa una star su YouTube

di Federica Colantoni, in Media, New media, del 9 Giu 2016, 16:00

popeye sicario di escobar

Punizione vs rieducazione è il dibattito che accende ogni facoltà di criminologia e ogni professionista del settore in merito allo scopo che dovrebbe avere una detenzione. Ed è sempre un problema quando i criminali che hanno scontato o stanno scontando una pena detentiva, ancor più se condannati per omicidio, riescono ad ottenere, in un modo o nell’altro, un vantaggio dal reato commesso.

Soprattutto se il criminale in questione era uno dei sicari al servizio di Pablo Escobar, arcinoto trafficante di cocaina, nonché suo braccio destro. Nel 2014 John Jairo Vasquez Velásquez, in arte Popeye, viene rilasciato dopo 22 anni di carcere e all’inizio di quest’anno, su suggerimento di un amico, ha deciso di aprire il canale YouTube Popeye_Arrepentido (arrepentido in spagnolo equivale al nostro “pentito” per indicare i mafiosi che collaborano con la giustizia): ciò che per alcuni è intrattenimento, un mezzo per raggiungere la notorietà facile, per Velásquez sembra essere un’opportunità di redenzione. Infatti il suo canale professerebbe la non violenza e educherebbe i giovani a non commettere i suoi stessi errori. Ma 300 omicidi non sono un errore, così come non lo sono 3000 mandati di uccisione. 300 omicidi sono una precisa e consapevole scelta di vita. «Prima di iniziare – dichiara Velásquez in uno dei suoi post – vorrei dire che tutto ciò che Pablo Emilio Escobar Gaviria fece fu sbagliato. È importante che le nuove generazioni non si fissino sulla figura di Pablo Escobar e ancor meno sulla mia. Noi non dovremmo essere modelli per nessuno. Noi siamo banditi.»

Ogni video di Popeye si apre con un colpo di proiettile in movimento, che viaggia a rallenty per tutto lo schermo, un’immagine simbolica e tutt’altro che innocente in linea con in temi affrontati ma per niente conforme al messaggio che l’ex sicario vuole trasmettere: «Può sembrare la glorificazione del crimine – ammette riferendosi all’apertura – ma serve per attrarre i giovani. Le uccisioni si portano dietro un certo livello di curiosità morbosa…». Quindi il suo scopo sarebbe educare le nuove generazioni alla legalità attirandole come allodole con la cosa che più le incuriosisce nell’ambito dell’illegalità, l’omicidio. Sembra funzionare dato che in pochi mesi ha raggiunto oltre 113 mila follower.

Questo canale YouTube apre il dibattito a una serie di questioni opposte e delicate. In primis porta a chiedere se sia corretto o no permetterne la diffusione: professando la libertà di pensiero e di parola sarebbe oltremodo ipocrita condannare l’esercizio di questo diritto in questa forma specifica e ad opera di quest’uomo in particolare. Inoltre, è proprio sulla sua figura che si concentra l’attenzione: stessi temi affrontati da una persona diversa non susciterebbero alcuna reazione da parte dell’opinione pubblica.
In secondo luogo, nei termini di quella punizione/rieducazione citati all’inizio è moralmente giusto che un uomo, condannato per uno solo degli omicidi commessi, in seguito a una pena detentiva nella media, sfrutti le sue esperienze di criminale per riabilitare il proprio nome?
E ancora, quali le conseguenze sulle famiglie delle sue vittime? Per loro il canale YouTube, le interviste, e tutta l’attenzione di cui sta godendo Velásquez rappresentano un affronto personale e sociale. A esprimersi è Gonzálo Rojas, il cui padre è rimasto ucciso durante un attentato del cartello: «Per noi è come uno schiaffo in faccia che lui si presenti in qualità di esperto e consulente quando non mostra il minimo rimorso per quanto ha fatto. È diventato una celebrità per i suoi crimini». Questa è l’indignazione. Dal canto suo, Velásquez, alla richiesta quasi di sfida di incontrare i famigliari delle sue vittime ha molto diplomaticamente risposto: «è importante poterli incontrare, così da chiedere loro perdono e affrontare e accettare le mie responsabilità».

Federica Colantoni

Federica Colantoni nasce a Milano nel 1989. Laureata in Sociologia all’Università Cattolica nel 2013, pochi mesi dopo inizia il percorso di formazione in ambito editoriale frequentando due corsi di editing. Da dicembre 2014 collabora con la rivista online Cultora della quale diventa caporedattrice. Parallelamente pubblica un articolo per il quotidiano online 2duerighe e due recensioni per la rivista bimestrale di cultura e costume La stanza di Virginia.