“Katlehong Cabaret”: ritmo ed energia della danza pantsula

Al via Equilibrio, Festival della nuova Danza con la Via Katlehong Dance Company.

Un viaggio verso le viscere della terra, un ritorno alle origini, a quell’istinto primordiale che fa muovere i piedi alla velocità della luce: è questo ciò che la compagnia Via Katlehong Dance ha portato in scena sul palco della Sala Petrassi, domenica 8 e lunedì 9 febbraio, aprendo “le danze” di Equilibrio Festival della nuova Danza , evento indiscusso di questo febbraio 2015 che, per la sua undicesima edizione, sceglie ancora gli spazi dell’ Auditorium Parco della Musica di Roma. “Katlehong Cabaret”, così si intitola la performance che, per 70 minuti, unisce appunto il cabaret al repertorio tradizionale della compagnia che prende il nome dalla township di Katlehong nell’East Rand a Johannesburg, uno dei sobborghi poveri in cui affonda le radici la cultura di protesta pantsula.

Sette sono gli instancabili ballerini impegnati in scena (Steven Faleni, Vusumuzi Mdoyi, Madlenkosi Fanie, Vuyani Feni, Tshepo Nchabeleng, Lemi Fudumele, Mpho Malotana) affiancati dalla danzatrice, cantante e attrice Nomathamsanqa Baba e dal narratore, attore, danzatore e musicista Thembinkosi Hlophe, tutti intenti a dar vita sul palco ad una vera e propria celebrazione della vita. In un susseguirsi di numeri virtuosistici, individuabili a metà tra il ballo e il gioco, appare subito evidente che a guidare la performance è un ritmo incessante ed energico, che non accenna ad attenuarsi neppure quando lascia spazio a sonorità più dolci e meno “tamburellanti”. Si passa così dal tip-tap (movimento e colpi a terra), alla danza pantsula (mimo di scene di vita nelle township), dalla gumboot (danza dei minatori che si percuotono con le mani gli stivali di caucciù e le cosce) al canto tradizionale. Ad ispirare le creazioni della Via Katlehong Dance Company è, infatti, la sua stessa origine: negli anni sessanta e settanta, durante il regime dell’apartheid in Sudafrica, le popolazioni rurali nere vennero fatte spostare verso le grandi città e raggruppate nelle township. È in questi ghetti, regno della disoccupazione e della criminalità, che nacque la cultura pantsula con la quale si identificarono tutti i giovani nelle township. Come l’hip-hop negli Stati Uniti e in Europa, così anche la cultura pantsula è diventata nel tempo un vero e proprio stile di vita che abbraccia il modo di parlare e di vestire, i codici gestuali, la musica e la danza.

Il risultato è uno stile ricco di energia e ritmo che coinvolge lo spettatore trascinandolo letteralmente sul palcoscenico facendo sì che chiunque, per qualche istante, diventi parte integrante del “Katlehong Cabaret”. Anche il finale non smentisce il lato giocoso della compagnia, che saluta la platea offrendo un Can-can tutto al maschile, con tanto di sederi in bella mostra, al quale irrimediabilmente si applaude divertiti.

Francesca Pantaleo

Tribuna Italia

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