“Il mio viaggio nell’America profonda”, intervista a Edoardo Cigolini

Edoardo Cigolini è un giovane giornalista freelance, ai suoi esordi come scrittore con il suo America profonda; una foto senza filtri della situazione di forte crisi in America che ha portato all’elezione di Trump. Attraverso interviste e la raccolta di testimonianze del popolo americano – non l’élite patinata, ma la gente, quella vera – Cigolini nel suo scritto ha approfondito “senza paraocchi ideologici, o politicamente corretti, la situazione politica americana e l’avanzare del populismo a stelle e strisce”.

Edoardo, ci parli in breve di lei: chi è, cosa le piace…
Ho 25 anni e da quasi tre scrivo quotidianamente sulle pagine dell’edizione piemontese e ligure de “Il Giornale”. Una delle mie più grandi passioni però è la politica, italiana e internazionale, con una particolare attenzione verso gli Stati Uniti e l’Europa dell’Est. Nel corso degli anni ho avuto inoltre modo di raccontare la comunità cristiano-copta torinese e di scrivere di Donbass e Ungheria.

Da cosa nasce la sua passione per il reportage?
Credo che l’unico modo per raccontare davvero la realtà, senza i filtri che inevitabilmente influenzano la percezione di chi scrive chiuso dentro un ufficio, sia quello di andare direttamente sul campo e lasciar parlare le persone. Per questo motivo quando mi si è presentata l’occasione di svolgere un reportage per conto de “Il Giornale” – Gli occhi della Guerra, l’ho colta al volo.

Lei è molto giovane, quando ha iniziato a capire che essere un reporter sarebbe stata la sua vocazione?
Nel giugno del 2017 ho partecipato al primo Reporter Day de “Il Giornale” – Gli occhi della Guerra, un contest finalizzato a “scoprire” nuovi reporter. Il mio progetto di viaggiare fin negli Stati Uniti e raccontare la cosiddetta “Alt-Right”, la destra alternativa che ha contribuito alla vittoria di Donald Trump, è piaciuto e sono stato selezionato. Da quel momento è cominciata un’esperienza bellissima e che mi ha portato a viaggiare insieme ad una collega armata di telecamera attraverso nove stati americani, incontrando lavoratori, politici, veterani, studenti, blogger e membri della comunità italo-americana.

Entriamo nel vivo del suo primo libro, America profonda. Come mai questa scelta per il titolo? Cela qualcosa? E quali sono state le tappe fondamentali per la costituzione di questo suo primo lavoro integrale?
Ho scelto come titolo America Profonda perché credo racchiuda al suo interno l’idea stessa del mio viaggio negli Usa. Portare finalmente alla luce quella parte di paese che ha sostenuto Donald Trump e non è mai stata capita da chi si ostina a intervistare soltanto gli abitanti delle metropoli chic. Coloro che vivono nel centro di città come New York o Los Angeles hanno ben poco in comune con la stragrande maggioranza di americani che popolano le aree rurali e rappresentano la “vera” America.

Quanto è durato il suo periodo di investigazione?
Ho passato negli Stati Uniti un mese viaggiando in auto, bus, e treno così da potermi mischiare con le fasce “popolari” che non possono permettersi un biglietto aereo. In questo modo ho conosciuto persone incredibili, che sono poi state il punto di partenza per la realizzazione del libro. Una volta tornato a casa ho messo in ordine tutto il materiale raccolto, dalle interviste realizzate per il reportage de “Il Giornale” – Gli occhi della Guerra, alle statistiche sulla situazione degli Usa, fino alle mie sensazioni personali.

I temi che vengono affrontati sono i tasti più sensibili della potenza americana odierna: dall’Alt-Right agli scontri con l’estrema sinistra, dalla crisi economica alle nuove tensioni interrazziali. Qual è il suo punto di vista a riguardo? Gli Stati Uniti, secondo lei, sono ancora compatti e forti o è solo una mera illusione mediatica?
Quello che ho portato a casa dal mio viaggio è stata la percezione di un paese afflitto da grandi contraddizioni interne e protagonista di un declino sempre più manifesto. Una percezione confermata dai dati. Gli Stati Uniti, da qualche anno a questa parte, stanno vivendo infatti una crisi senza precedenti dal punto di vista politico, sociale e ideale, tale da polverizzare centinaia di migliaia di posti di lavoro, estremizzare le contrapposizioni ideologiche e gettare milioni di americani in un vortice fatto di povertà e di droga. In West Virginia muoiono 52 persone per overdose ogni 100.000 abitanti (in Italia sono appena 8 ogni milione). Intere zone delle metropoli sono in mano a gang afroamericane o ispaniche, con tassi di omicidi superiori a quelli di un paese in guerra. E nelle piazze sono sempre più frequenti gli scontri tra Alt-Right ed estremisti di sinistra. Da qui il tema di fondo del mio libro: la spaccatura sempre più profonda e insanabile tra le varie parti della (ex?) prima superpotenza mondiale.

Quale pensa possa essere, ad oggi, la fragilità più evidente della potenza a stelle e strisce? E, sempre secondo lei, l’elezione di Donald Trump quali conseguenze ha avuto sull’equilibrio degli Usa?
Sicuramente le fortissime divisioni interne. Non so dire di preciso se Donald Trump possa rappresentare una “cura” a questa situazione, magari con una ripresa dal punto di vista del lavoro, o rappresenti invece soltanto l’ennesimo sintomo di un paese diviso e in corsa verso un futuro tutt’altro che roseo. Staremo a vedere.

Perché un lettore dovrebbe scegliere di acquistare il suo libro?
Credo che il mio libro sia una “novità”. Fino ad ora nessuno in Italia aveva approfondito senza “paraocchi” ideologici, o “politicamente corretti”, la situazione politica americana e l’avanzare del “populismo” a stelle e strisce. E poi nelle pagine di America Profonda si parla anche parecchio di Steve Bannon, l’ex consigliere di Donald Trump che aveva previsto la vittoria della Lega di Matteo Salvini e del Movimento 5 Stelle. Insomma, un personaggio interessante.