Il blocco dello scrittore. Quanto conta la disciplina?

di Francesca Mazzucato, in Blog, del 10 Dic 2014, 11:25

Arriva quando non te lo aspetti, il blocco, ti invade con un senso di impotenza e sconforto, dopo tanti anni in cui hai scritto sempre e comunque, nonostante tutto, in tutte le occasioni, perché la scrittura ha sempre avuto il suo senso e il suo significato nell’atto stesso del narrare, nel momento dell’urgenza, adesso non ce la fai più, o lo fai poco e male. Un momento terribile, l’avevo sempre immaginato e temuto ma avendo sempre scritto tanto, senza sosta, senza pausa, pensavo non mi riguardasse, invece qualche mese fa è arrivato, lasciandomi prostrata, avvilita, con una sensazione di sconcerto e impotenza. All’inizio ero incredula, pensavo a un fenomeno transitorio. Mi ripetevo costantemente la frase di Simone de Beauvoir “Una giornata in cui non scrivo per me ha sapore di cenere”. Per anni mi ero riconosciuta in quella frase e le giornate non avevano mai avuto “sapore di cenere” bastava un angolino quieto di un bar, un quaderno e una biro, il tablet, il pc e un nuovo file. Potevo essere a Bologna, in Liguria, a Parigi, a Marsiglia, a Zurigo, in treno, in sosta in stazione, non aveva alcuna importanza, tutto brillava della potenza creativa della narrazione , della mia energia, dell’ entusiasmo. Da quando mi è venuto il blocco ho cercato di convincermi che può accadere, è una cosa comune, tanto che in rete si trovano vari tipi di consigli per superarlo, come qui oppure qui. Ho lasciato trascorrere il tempo e una stesura che mi ha accompagnato stancamente, a volte, soprattutto di notte ( io ho sempre scritto di notte, facendo smagliare le ore senza accorgermene nel silenzio d’ovatta della casa) mi è assalita l’angoscia, il senso di vuoto per le abitudini smarrite, mi sono alzata provando a scrivere, tentando in tutti i modi di trovare le parole, la storia, la voglia, l’impulso, il batticuore, l’energia, la necessità, senza riuscirci. Poi, ho deciso di lasciar perdere, di accettare il blocco.. So che non durerà per sempre, so che ha bisogno di tempi e ritmi e che forzare non va bene. Continuo a leggere moltissimo, ad ascoltare musica e ho da poco ripreso a scrivere piccole cose, appunti, dettagli. Certe volte ho l’impressione che l’utilizzo eccessivo dei social network abbia contribuito a farmi trovare una dimensione di brevità ( un tweet, uno status su Facebook) e di facilità che mi ha distratto e portato lontano dalla narrazione concentrata e solitaria, priva di distrazione, che non si accontenta mai, che spinge alla fatica, alla difficoltà, all’isolamento. Uno status efficace su Facebook, molti apprezzamenti, ecco fatto, può bastare. Ma la concentrazione? Quanto tempo sono stata connessa, prima e dopo? Un’ora, forse due. Eppure i social network sono luoghi di importante “narrazione collettiva” dove testimoniamo i nostri viaggi, gli incontri, gli stati d’animo, le necessità, le urgenze. Si tratta di non smarrire la misura, di ritrovarsi, di avere ritmi precisi, e anche disciplina. Disciplina è una parola importante, per lo scrittore, si tende a dimenticarlo. Pian piano negli ultimi giorni ho sentito di nuovo la spinta e l’urgenza, più lievi del solito ma stanno ritornando e sento i polpastrelli che si logorano sui tasti ritrovando gesti e ritualità fondamentali. Tendo a scrivere di più all’esterno, lo spazio urbano, i luoghi di transito, le città sono da sempre i “luoghi della narrazione”. Cerco bar marginali, angoli delle periferie, e ritrovo, adagio, la consuetudine della scrittura. Con fatica, con ansia, allenandomi alla disciplina.

Francesca Mazzucato

Scrittrice, traduttrice, consulente per case editrici italiane e straniere, dirige la collana dei Cahier di viaggio per Historica edizioni, è co-fondatrice della casa editrice digitale internazionale Errant Editions, tiene corsi di scrittura creativa, educazione alla lettura e di inglese per bambini. Ha collaborato a progetti con teatri e centri culturali italiani e stranieri sulla scrittura delle donne. Tradotta in Europa, USA e UK, collabora a magazine e riviste letterarie. Sulla sua opera sono state scritte alcune tesi di laurea. Ama Beckett, Marsiglia, Baremboim, tutti i romanzi di Harold Brodkey, la pioggia di Parigi, la Kunsthaus di Zurigo.