I sanatori dell’ex Urss nelle immagini di Miryam Omidi

Omidi

Ci sono dei libri che hanno il potere di farci tornare indietro nel tempo, di creare una potente suggestione nella nostra immaginazione e di restituirci un’istantanea di un luogo o di un evento. È questa la sensazione che si prova quando si sfogliano le pagine di Miryam OmidiHolidays in Soviet Sanatorium (FUEL, 2017), la prima raccolta completa di testi e fotografie che documenta i sanatori nei territori post-sovietici, dall’Armenia all’Uzbekistan passando per l’Ucraina.

Il viaggio della Omidi nei territori ex-sovietici

Originariamente concepiti negli anni ’20 sotto Stalin, i sanatori offrivano ai lavoratori un posto per le vacanze grazie a un voucher finanziato dallo Stato. Gli edifici erano tra i più innovativi e ornamentali del tempo e al loro interno operavano dei professionisti della salute durante tutto il periodo di soggiorno degli ospiti con trattamenti speciali come bagni all’olio grezzo, docce al radon e cure nelle caverne sotterranee del sale. Ogni capitolo è dedicato a un paese specifico con l’illustrazione di vari sanatori al proprio interno e le foto sono l’interpretazione dell’autrice con l’edificio documentato con alcuni scatti che si concentrano su interni e attrezzature e altri ancora sugli individui che soggiornano nella struttura. C’è da dire che, mentre diversi centri versano in un terribile stato di declino, molti operano ancora offrendo una gamma di trattamenti proprio come se si vivesse ancora sotto l’era sovietica. Nel suo viaggio in oltre quaranta case di cura dall’Armenia all’Uzbekistan, Miryam Omidi fa poi la piacevole scoperta che i trattamenti sono piuttosto ricercati come una sabbia magnetica che allevia i disturbi legati al cuore, al sangue, alla circolazione, alle articolazioni, alle ossa e un olio grezzo che guarisce malattie neurologiche, condizioni della pelle e impotenza. Più in generale, le immagini mettono in discussione l’idea che l’architettura sotto il comunismo fosse antiestetica e grigia. Ed è questo l’aspetto che ha colpito la Omidi: “Nel 2014 ho soggiornato in una casa di cura in Tagikistan e sono rimasta completamente colpita dall’imponente edificio in cima a una montagna che era completamente in disaccordo con il solito contesto urbano sovietico”. A differenza dei soggiorni nelle strutture dei paesi occidentali, che i sovietici percepivano come sontuose e oziose, le vacanze nell’URSS erano interamente pianificate in quanto la loro funzione era di fornire riposo e recupero in modo che i lavoratori potessero rimanere sempre efficienti e diligenti. Per queste ragioni i sanatori sovietici nacquero come incrocio tra una struttura medica e una Spa. “Certo, penso che sarebbe stato bello se la tradizione di prendersi cura dei lavoratori fosse continuata” – ha sottolineato la Omidi – “ma, alla fine, è l’innovazione dei sanatori che colpisce, soprattutto in termini di architettura”. “Nei nostri paesi, la definizione e le aspettative del lusso sono diventate così omogenee” – ha concluso l’autrice – “che la maggior parte dei centri benessere moderni sono davvero poco interessanti”.

Simone Morichini

Sono nato a Roma il 20 dicembre 1976 e mi sono laureato in Scienze politiche presso l’Università “La Sapienza” dove ho successivamente conseguito il Dottorato di ricerca in “Storia delle elite e classi dirigenti”. Giornalista pubblicista iscritto all’Ordine del Lazio e Molise, lavoro in campo editoriale occupandomi di marketing, distribuzione e promozione libraria. Ho successivamente condensato la mia intera esperienza professionale in una pubblicazione ad hoc dal titolo “Per una manciata di libri. Aspetti commerciali nell’editoria”, uscito nel 2011. Ho collaborato con varie riviste tra cui “Elite e Storia”, “Olimpiaazzurra”, “Iniziativa” e la pagina culturale del webmagazine “DailyGreen”. Mi piace viaggiare e adoro la letteratura scandinava (Arto Paasilinna e Jan Brokken in particolare). Appassionato di lingue straniere (inglese e tedesco su tutte), sono uno sportivo onnivoro e amo la disciplina invernale del Biathlon.