“I grandi scrittori non mangiano”, intervista a Donato Montesano

“Fin da bambino sono sempre stato riservato, di poche parole, mi piaceva osservare e ascoltare anziché parlare. Guardare quello che mi circondava e sentire le storie che mi venivano raccontate, faceva viaggiare la mia fantasia. Una delle poche cose che mi entusiasmavano a scuola erano i temi di italiano. Quando scrivevo mi sembrava di riuscire a dire quello che volevo molto meglio di come avrei potuto fare parlando. L’ispirazione [per il mio libro] è nata un po’ così, per mischiare quello che mi piaceva ascoltare e osservare insieme alla voglia di scrivere per non parlare. Mettendoci sempre un po’ della mia vita, del mio modo di essere”.

Ecco come si racconta Donato Montesano, un giovane ed esordiente scrittore, autore di I grandi scrittori non mangiano. Un ragazzo che prende ispirazione da quello che lo circonda, dalle sue esperienze personali, ma anche da grandi firme quali Scorsese, Leone, Fante e Bukowski.

Il suo primo libro rappresenta un mondo capovolto in cui i fiumi secchi tornano ad essere navigabili e antichi paesi abbandonati tornano a brulicare di vita; un mondo in cui i sogni e le fiabe si mischiano alla più cruda realtà. Un teatro umano dove l’ossigeno ha l’effetto dell’oppio e gli eroi del passato convivono con i protagonisti attraverso colonne sonore rock e primi piani cinematografici.

Donato, a quale dei suoi personaggi è più affezionato?

Non è facile sceglierne uno in particolare, quando scrivo cerco di entrare nelle mie storie, vivo e soffro al fianco dei protagonisti, la notte non dormo, per pensare a cosa capiterà nel capitolo successivo, finché non finisco di scrivere e il racconto vive di vita propria.

Sono molto legato ai miei personaggi femminili, hanno quasi sempre un ruolo fondamentale. Qualsiasi luogo, per me, senza una presenza femminile, è un luogo vuoto e spento. Lo stesso vale nei racconti.

Il personaggio nel quale mi rispecchio di più, invece, è forse il protagonista di “Gli eroi son tutti giovani e belli”, probabilmente perché l’ho scritto in un periodo delicato della mia vita. Proprio come il protagonista, avevo appena lasciato l’università, e le uniche cose che facevo erano leggere, guardare film e scrivere.

E come mai questo titolo tanto interessante quanto suggestivo? L’idea è stata sua o è stato un lavoro “di squadra”?

L’idea nasce proprio da una frase del racconto appena citato, “Gli eroi son tutti giovani e belli”, che come avrai capito ricopre una posizione molto importante nel libro, ne è probabilmente la spina dorsale.

In una scena, il protagonista riflette sulla vita dei propri “eroi”, notando che ognuno di loro ha avuto un periodo di povertà, preferendo morire di fame anziché cercare un lavoro che non gli permettesse di scrivere. Anche lui vuole dedicarsi totalmente alla scrittura, al punto di diventare quasi pazzo, tanto da affermare alla ragazza premurosa che gli offre da mangiare: “Se mangio non diventerò mai un grande scrittore! I grandi scrittori non mangiano!”.

Non è stato semplice decidere di usare questa frase come titolo, anche se era l’idea che avevo in mente dall’inizio. Ci ho pensato molto, chiedendo il parere delle persone che mi sono più vicine, soprattutto ai miei amici di Rabatanalab, lo studio di architettura di cui faccio parte, fino a quando il maestro Antonio Infantino, che ha anche curato la prefazione del libro, mi convinse, dicendo che secondo lui era un titolo unico, originale, secondo lui c’era il giusto contrasto tra ironia e disperazione, due temi molto presenti nel libro. Allo stesso tempo era un omaggio ai miei miti e a quel periodo della loro vita in cui avevano deciso di non mollare per scrivere, e di regalarci quei capolavori senza i quali sicuramente io non sarei stato lo stesso.

Che messaggio spera possa lasciare nelle persone il tuo libro?

Quando scrivo non mi chiedo mai cosa potrà pensare chi leggerà, a mio avviso questo sarebbe già una specie di “filtro”, che ostacolerebbe il naturale processo di scrittura. Preferisco pensare che ogni lettore possa liberamente trovare nelle pagine che ho scritto qualcosa di sé stesso, interpretarle a modo proprio, o magari essere incuriosito dagli autori e dalle opere citate nel libro.

“I grandi scrittori non mangiano” è stato selezionato per il Premio Campiello, l’incredulità e la felicità dell’autore sono palpabili anche solo attraverso i social media. Donato però rimane con i piedi per terra e ci tiene a precisare: “Devo ringraziare per questo la mia casa editrice, Eretica Edizioni, che ha deciso di fare questa scommessa, dimostrando sempre correttezza e passione, due qualità non scontate, soprattutto nel mondo dell’editoria”.