Hikikomori: gli eremiti diventano digitali

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Nel rientrare nella camera dove il suo ragazzo aveva vissuto circa sei mesi nella più completa assenza da qualsiasi contatto umano, una mamma americana rimase colpita dallo stato di sporcizia e disordine della stanza. Com’era stato possibile che il suo adorato ragazzo si fosse ridotto in quella maniera? Si trattava di un esempio di Hikikomori, ossia del comportamento di una persona che ha deliberatamente scelto di escludersi da qualsiasi tipo di vita sociale rinchiudendosi in uno stato di completo isolamento dal mondo esterno. Sorto in Giappone, questo tipo di atteggiamento di reclusione volontaria si è diffuso anche in Europa e Negli Stati Uniti dalla metà degli anni ’80.

Successivamente all’avvento di Internet e con lo sviluppo delle tecnologie digitali, i fenomeni di rifiuto di contatto fisico e verbale hanno assunto una nuova dinamica portando un numero sempre crescente di persone a rifugiarsi nella virtualità del web. Ma si tratta di una reale emarginazione volontaria dal mondo fisico oppure di un totale coinvolgimento nella rete? E, soprattutto, la loro solitudine è completa o, al contrario, non è così vuota come sembra? Correttamente, il fenomeno degli Hikikomori viene distinto dalla dipendenza da Internet in quanto il “web addicted” esce tranquillamente da casa e resta comunque connesso tramite uno smartphone o un tablet. Tuttavia, è interessante rilevare che la rivoluzione tecnologica ha “offerto” più opportunità a un Hikikomori di rimanere barricato dentro casa offrendogli, allo stesso tempo, la possibilità di accesso al mondo virtuale dove le probabilità di contatto mediato dalla rete sono decisamente maggiori rispetto al mondo reale. Per cui, se da un lato l’isolamento completo viene meno, dall’altro la solitudine di un Hikikomori digitale non è priva di relazioni con altri individui presenti in chat o sui social network. A differenza dei “colleghi” pre-tecnologici che avevano nei libri e nella musica la loro compagnia, questi nuovi “isolati” sembrano non avere neppure il sentimento principe di un Hikikomori, ossia la vergogna nei confronti del mondo reale e l’assenza di qualsiasi stimolo alla competizione.

Proprio il rapporto tra gli Hikikomori digitali e Internet è terreno di dibattito per cercare di capire le origini e le conseguenze di questi disturbi di carattere psicologico. Intervistato nel numero del 22 giugno scorso dalla giornalista de L’Espresso Luciana Grosso, lo psicoterapeuta Antonio Piotti ha sottolineato che “in merito ci sono due teorie: secondo la prima gli Hikikomori nascono per colpa della rete che, con le sue mille attrattive, ti tira dentro e ti allontana dal mondo. La seconda, invece, a cui credo io, sostiene che i ragazzi stanno male comunque, perché non reggono il peso del confronto e della continua aspettativa che arriva dalla cultura contemporanea; una volta che ci si è reclusi in casa, poi, la rete è oggettivamente un posto bellissimo dove andare, potenzialmente infinito e pieno di stimoli, in cui crearsi una vita fuori dalla vita”. L’attenzione a questi nuovi fenomeni di isolamento dal mondo reale e di rifugio nella vita virtuale stanno diventando sempre più presenti nell’opinione pubblica tanto da far sorgere, anche in Italia, diversi centri per il contrasto e la prevenzione delle problematiche relazionali. Anche Internet, al fondo, è come tanti altri oggetti caratteristici della modernità: un utile e prezioso strumento. Da maneggiare con estrema attenzione.

Simone Morichini

Sono nato a Roma il 20 dicembre 1976 e mi sono laureato in Scienze politiche presso l’Università “La Sapienza” dove ho successivamente conseguito il Dottorato di ricerca in “Storia delle elite e classi dirigenti”. Giornalista pubblicista iscritto all’Ordine del Lazio e Molise, lavoro in campo editoriale occupandomi di marketing, distribuzione e promozione libraria. Ho successivamente condensato la mia intera esperienza professionale in una pubblicazione ad hoc dal titolo “Per una manciata di libri. Aspetti commerciali nell’editoria”, uscito nel 2011. Ho collaborato con varie riviste tra cui “Elite e Storia”, “Olimpiaazzurra”, “Iniziativa” e la pagina culturale del webmagazine “DailyGreen”. Mi piace viaggiare e adoro la letteratura scandinava (Arto Paasilinna e Jan Brokken in particolare). Appassionato di lingue straniere (inglese e tedesco su tutte), sono uno sportivo onnivoro e amo la disciplina invernale del Biathlon.