Decalogo della trasformazione digitale

Trascorsa più di una decade e mezzo dall’irruzione commerciale di Internet, quella che stiamo attraversando è la fase in cui si comincia a percepire il suo vero impatto. Impatto che ha una risonanza, in grado maggiore o minore, su tutti i tipi di organizzazioni ed imprese. E, anche se è vero che esiste il rischio di usare troppo questo termine, la realtà è che la trasformazione digitale è un fatto irreversibile che richiede un’attenzione prioritaria di tutti i responsabili e dirigenti di aziende e organizzazioni.

E “perché è così tanto prioritario?”, continuano a chiedersi alcuni. Per una semplice ragione: se i clienti e utilizzatori sono digitali, le organizzazioni che vogliono non solo crescere ma, addirittura, sopravvivere, devono adattarsi alla nuova realtà chiesta dai suoi clienti. La trasformazione, in definitiva, è orientare l’organizzazione per dare una risposta alle necessità dei suoi clienti. L’ambito digitale è diventato una forma trasformatrice per le aziende siccome cambia la maniera in cui gli internauti s’informano, stabiliscono dei rapporti con altri utenti e consumano prodotti e servizi. Un processo che evolve allo stesso tempo che la tecnologia diventa più sofisticata.

Si tratta, dunque, di un viaggio senza ritorno che non ha un fine ultimo dato che il cambiamento non è un fattore congiunturale, ma che è diventato un fattore strutturale per le aziende e l’economia in generale. Non basta dire che l’utente è l’epicentro, ma si deve poi orientare tutta l’organizzazione per essere capaci di coprire veramente le esigenze di quest’ultimo.

Si deve tenere in conto che l’obiettivo della trasformazione digitale non è la tecnologia in sé, la capacità di stare dentro del mondo dei social o avere l’App nel cellulare. La tecnologia è un motore di cambiamento ma non è il cambiamento.

Sembra assodato che la sopravvivenza di molte di queste aziende tradizionali sia condizionata dalla trasformazione digitale dentro delle sue strutture. In definitiva, sembra essere arrivato l’attimo in cui si devono costruire imprese e organizzazioni adeguate per affrontare il nuovo modello economico e sociale.

Dinanzi a questo complesso e incerto scenario, molti direttivi e responsabili di aziende e organizzazioni si chiedono ancora perché, come e da dove si debba cominciare ad implementare la trasformazione. Anche se tutti i processi hanno le sue peculiarità, l’esperienza mostra che esistono certi assi che possono essere generalizzati come modelli e pratiche giuste che siano sufficienti per, almeno, non commettere gli errori che hanno sofferto altre imprese.

In base a ciò che è emerso durante questo tempo, possiamo stabilire un breve decalogo su cosa implica e come si può intraprendere il processo di trasformazione digitale.

Anche se, evidentemente, l’asse principale della trasformazione è il digitale, dare importanza esclusivamente alla parte tecnologica è sempre stato un errore comune che di solito ha conseguenze pessime, siccome esiste il rischio di non interpretare adeguatamente la grandezza del cambiamento. In questo senso è illuminante lo studio MIT Slogan sulla maturità digitale delle organizzazioni.

Secondo lo studio, l’analisi del grado di digitalizzazione di un’organizzazione si deve fare in due dimensioni diverse. Da una parte l’intensità digitale misurata in termini d’insediamento tecnologico, dall’altra parte, quella che si riferisce all’intensità della trasformazione nella gestione. La prima misurerebbe l’inversione realizzata in progetti tecnologici orientati a cambiare la gestione tecnologica dell’impresa basata nella tecnologia (rapporti con i clienti, inversione tecnologica, ecc.). La seconda ha a che fare con lo sviluppo interno delle capacità di leadership necessarie per trasformare in maniera integrale tutta l’organizzazione. Però entrambe sono importanti poiché il cambiamento su larga scala si produce quando si agisce allo stesso tempo sulle due dimensioni.

Inoltre, secondo lo studio, dall’analisi reale dei dati di un negozio su un numero significativo di aziende in diversi settori, si nota che quelle organizzazioni e imprese che hanno portato alla pratica una trasformazione nei due assi, quelle denominate digitalmente mature o ‘digirati’ sono un 26% più remunerative dei suoi competitor, e ricevono un 9% in più dei suoi ingressi. Purtroppo, le organizzazioni denominate ‘fashioniste, anche se si godono di un certo grado di maturità in alcune delle sue aree, mancano di una strategia orientata alla trasformazione interna in processi e cultura dell’organizzazione anche se stanno scommettendo fortemente per l’insediamento tecnologico nelle sue strutture.

  • “La carta di rotta” della trasformazione:

La trasformazione è un processo lungo e costoso e dunque ha bisogno di una carta di rotta. Non si tratta della consecuzione di azioni marginali. Questo processo deve far parte della strategia globale della compagnia; per ciò è fondamentale che sia comandata dalla parte alta dell’organizzazione e arrise a tutti e ognuno dei lavoratori dell’impresa.

Anche se il compromesso dev’essere condiviso da tutta l’organizzazione, il comandamento o leadership dev’essere soggetto unicamente all’alta direzione di essa. La trasformazione è un progetto in se stesso. Come qualsiasi programma strategico questo richiede intraprendere un processo di analisi interno ed esterno per sapere da dove si parte.

È, in aggiunta, necessario un documento fondazionale in cui si lasciano chiari gli obiettivi, azioni, calendari, inversioni e responsabilità. Così com’è indispensabile stabilire indicatori e strumenti che permettono il controllo del processo. Per quello, in molte organizzazioni, sono create uffici di cambiamento: attrezzature disciplinati comandati per il chiamato ‘Chief Digital Officer (CDO)’, la persona responsabile di orientare l’organizzazione e dirigere la strategia.

Dinanzi alla rapidità dei cambiamenti e la costante innovazione tecnologica, le organizzazioni devono essere capaci di adattare le sue strutture e i processi al ritmo che richiedono il mercato e gli utenti “iperconnessi”.

Quelle che presentano più capacità di adattamento al cambiamento sono le imprese in cui il prendere decisioni si fa nella maniera più rapida ed efficace possibile.

Per ciò si richiedono delle strutture più soavi, meno gerarchiche e piramidali che sappiano lavorare in rete.

È consigliato, dunque, implementare nuovi modelli di gestione e management, molti di loro inspirati in quelli delle start-up, come il Lean o simili.

Pensare in grandi dimensioni come una grande azienda, agire veloce come una start-up.

Una volta stabilita la “road map” della trasformazione e aver adattato l’organizzazione con questo obiettivo, è necessaria la tangibilizzazione fra lo stabilimento di processi e sistemi che aiutino a costruire un nuovo modello di azienda più dinamico, partecipativo e collaborativo. Ancora gli strumenti tecnologici sono un fine che aiutano alla sistematizzazione, ma non devono diventare un obiettivo in se stessi.

  • Comunicazione e trasparenza

La necessità di implicare all’insieme dell’impresa ha bisogno di uno sforzo nella trasmissione dell’informazione interna. In questo senso, la comunicazione interna delle compagnie acquisisce un ruolo protagonista. La trasparenza e la collaborazione sono gli assi dell’innovazione.

Questi modelli si sono dimostrati di grande utilità, anche per aiutare all’organizzazione ad avere chiara la road map e capire il tipo di decisioni che devono essere prese.

Il mondo digitale apporta numerosi ‘insights’ in tutti e in ognuno dei processi interni così come esterni. Saper mettere in ordine i dati che si originano è ancora più importante in ognuna delle fasi dell’azienda. Le grandi imprese digitali che sono riuscite ad arrivare a una posizione di leadership hanno come caratteristica comune l’attenzione ai dati.

Tutte loro, da Google fino Amazon, passando per Uber o Netflix sono ‘data companies’: imprese che danno valore alla conoscenza dell’utente basato nei database. Sì, come sosteniamo, la trasformazione ha per obiettivo coprire le domande degli utenti, i dati sono le matematiche del cambiamento, il meccanismo fondamentale che permette di ottimizzare l’azienda nella sua totalità.

  • Scommette per il talento:

L’espansione dei nuovi modelli di negozio comporta la necessità di incorporare nuovi profili, allo stesso tempo che diventa una priorità. La tecnologia tende a diventare velocemente una comodità.

Ciò che fa la differenza fra le imprese di successo è la sua capacità di identificare, captare e valutare il talento. Essere in grado di gestirlo è diventata una delle colonne della trasformazione. Perciò i dipartimenti di risorse umane devono giocare un ruolo preminente.

  • Formazione ed abilitazione

In un modello di cambiamento costante in cui l’innovazione genera ritmi di obsolescenza tecnologica senza precedenti, le aziende sono obbligate ad offrire soluzioni formative adatte. I dipartimenti di risorse umane devono diventare consulenti formativi col nuovo ruolo che offra soluzioni personalizzate e si ponga in anticipo delle domande sulla formazione dei suoi clienti: i lavoratori.

Allo stesso tempo i processi formativi si vedono anche modificati in base all’abilitazione per le nuove qualifiche digitali necessarie in un ambiente professionale che richiede nuove metodologie e più esperti possibili. Tutto questo senza dimenticare che la formazione è anche diventata un punto di attrazione e ritenzione del talento.

  • Verso le EASS (Enterprise As A Service)

La digitalizzazione sta spingendo la trasformazione da prodotti a servizi allo stesso tempo che questi diventano ancor più dinamici. Una delle possibilità della trasformazione è quella di evolversi verso i modelli EAAS.

Sotto questa premessa sono molte le imprese che esplorano già queste vie di trattativa. In tal senso settori come quelli di utilities, che all’inizio sembravano lontani dalla digitalizzazione, stanno anche loro sperimentando in maniera diretta la trasformazione.

Inoltre, il modello EAAS permette l’incursione delle imprese in settori diversi dai propri, com’è il caso delle imprese di telecomunicazioni quando agiscono come banche e come imprese di assicurazione.

  • Cultura di trasformazione

La cultura dell’impresa è basata su valori intangibili che fanno parte del DNA di ogni organizzazione. Conciliare i valori differenziali già esistenti mentre allo stesso tempo s’introduce una cultura di cambiamento e innovazione è una delle sfide più importanti e complesse che ci troviamo ad affrontare.

La grande maggioranza dei punti trattati in precedenza come la trasparenza, la struttura organizzativa o il disegno dei processi interni devono stare allineati con l’obiettivo del cambiamento.

In conclusione, la trasformazione è un processo continuo che richiede uno sforzo condiviso e da cui il suo successo dipende il futuro dell’organizzazione. La trasformazione digitale non è già un’opzione, ma un’obbligo.

Pepe Cerezo: Evoca
Traduzione a cura di Victoria Toledano Ruiz

Redazione

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