Cobain: Montage of Heck, il documentario che tramite l’uomo spiega il mito

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Nessuno conoscerà mai le mie intenzioni” affermava Cobain. Probabilmente le sue intenzioni è impossibile, ma grazie al docu-film in uscita prevista per aprile potremmo conoscere più approfonditamente che persona fosse in realtà questa tanto discussa icona musicale.

Un bambino che spegne la sua prima candelina. Un bambino che, vestito da Batman, scorrazza per casa. Un bambino di sei anni che gironzola in giardino atteggiandosi da adulto. Sono le immagini in rapida successione che aprono lo sbalorditivo documentario Cobain: Montage of Heck, realizzato da Brett Morgen. Presentato per la prima volta al Festival di Sundance a gennaio è stato definito uno sguardo rivelatore nell’anima tormentata del leader dei Nirvana, il ritratto più olistico mai creato di un’icona rock.

A 21 anni dalla morte del cantante, questo è il primo lungometraggio autorizzato. La sua genesi comincia nel 2007, quando la stessa Courtney Love (vedova Cobain) avvicina Morgen, affascinata dal suo metodo di interpretare i filmati fornitigli. A Morgen non è dato solo libero accesso agli archivi riguardanti il cantante, Love gli fornisce persino gli effetti personali di Kurt. Non c’è da stupirsi perciò del fatto che l’85% del film sia composto da materiale inedito e raro.

Il regista inizialmente non è altro che un fan ordinario dei Nirvana. Oggi si dice personalmente coinvolto ed orgoglioso di avere avuto l’opportunità di ricordare un musicista, un cantante, ma soprattutto una persona come Cobain. La realizzazione del documentario è stata emotivamente provante. Accedendo agli archivi personali, per Morgen Cobain non è stato più la celeberrima rock-star, ma un contemporaneo, un amico, un uomo in tutto e per tutto, con i suoi turbamenti, i suoi affetti e le sue pssioni. “Il film è stato un lavoro d’amore” afferma il regista.

Dopo la morte di Cobain, avvenuta nel 1994, molti sono stati i libri e ancor più i documentari realizzati nel tentativo di presentare questo personaggio, ma in nessuno di essi vi fu la possibilità di utilizzare la musica dei Nirvana. In questo documentario al contrario sì; anche se l’obiettivo principale non è ripercorrere le tappe di una band immortale quanto quello di presentare, nella maniera più veritiera possibile, il ritratto dell’uomo Cobain e come si è giunti al mito.

Il vero successo di questo lungometraggio sta infatti nella presentazione empatica che si fa di Kurt: paure, insicurezze e difetti. Si ripercorre la vita di un uomo dall’infanzia travagliata, affetto da dolori cronici, alle prese con la tossicodipendenza e la depressione, in una parabola discendente verso il suicidio. Tante sono anche le scene d’affetto, d’amore, di divertimento. Qui si può vedere il Cobain figlio, padre e marito.

L’uomo era ben più accattivante rispetto al mito afferma Morgen. Il fascino di questo documentario è proprio qui, nella presentazione ad un tempo di un uomo giocoso, davvero divertente ed energico e turbato, afflitto, distrutto dall’eroina. Grazie a questo docu-film, Cobain arriva agli spettatori così com’è, con la certezza che non potrà mai esistere un altro Kurt.