Birdman: il metateatro in scena

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Erving Goffman nei suoi studi sociologici considerava la vita umana come rappresentazione. L’essere umano è un doppio, che pensa a come adattare l’immagine che ha costruito di sé sul palcoscenico della vita.
L’ultimo film di Alejandro G. Inarritu, Birdmano l’imprevedibile virtù dell’ignoranza, è un viaggio nella mente e nelle ossessioni dei protagonisti, in cui i confini tra realtà e finzione sono così labili da fondersi in una visione schizofrenica del mondo.

Sono gli anni Novanta, Riggan Thomas (Micheal Keaton) è una star hollywoodiana, celebre per prestare il volto ad un iconico supereroe da blockbuster: Birdman. Vent’anni dopo Riggan vive nell’ombra del successo. Ossessionato dal suo passato glorioso, l’uomo vuole strapparsi di dosso la maschera da uomo-uccello e risultare nuovamente credibile come artista. L’adattamento di un racconto di Raymond Carver, “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”, sarà l’occasione per (ri)trovare il prestigio che cerca disperatamente. Nell’impresa saranno coinvolti una serie di istrionici personaggi : la ribelle figlia Sam (Emma Stone), l’amante Laura (Andrea Riseborough), l’amico e produttore Jake (Zach Galifianakis), un’attrice che sogna da sempre di calcare i palcoscenici di Broadway (Naomi Watts) ed un attore talentuoso ma dal pessimo carattere (Edward Norton). Il bisogno di sentirsi scelti ed apprezzati è il motore che spinge i personaggi ad agire: un impasto di anime alla ricerca di successo e del proprio Io.

Dopo la trilogia sulla morte (Amores Perros, 21 Grammi e Babel) Inarritu dirige un film ‘nervoso’ ed inaspettato, che utilizza gli elementi della commedia per parlare di una tragedia personale.
Il regista messicano segue la parabola discendente dei protagonisti utilizzando l’escamotage di lunghi piani sequenza che non danno respiro alla storia – ed allo spettatore – montati digitalmente in modo da non far percepire gli stacchi, come se si fosse davanti ad un unico grande ciak.
Birdman non è altro che la voce interiore, la personificazione del bisogno di elevarsi, di trovare una propria identità preferibilmente ‘’superiore’’ a quella degli altri, assimilando il messaggio che l’antologia dei supereroi americani ha tramandato. Il metateatro, nel quale lo scontro tra egocentrismi diventa funzionale alla messa in scena. Ma anche la satira sullo showbitz, e sulle sue regole, più o meno esplicita; sottile perché mai espressa a chiare lettere ma allo stesso tempo incisiva.
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2014, l’ultima opera di Inarritu ha già conquistato due Golden Globe e potrebbe ottenere ulteriori riconoscimenti alla notte degli Oscar prevista per il 22 Febbraio. Ben nove candidature tra cui (Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Attore) e molta attesa. Inarritu ha dichiarato di essere “insonne”, “riconoscente” e felice per le nomination ricevute, affermando di essere “molto felice per tutto il team di Birdman perché ci è voluto molto coraggio per realizzare questa pellicola così lontana dalle convenzioni. (…) Queste nomination rispecchiano il riconoscimento dei nostri colleghi e dei membri dell’accademia. Sono orgoglioso, grato e onorato”.

Il rapporto tra teatro e vita e tra rappresentazione e realtà è un tema vecchissimo ed esplorato, Birdman ha il pregio di lasciare alla libera interpretazione la soluzione dell’enigma.

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Francesca Bianchini

Nata a Roma 23 anni fa , ho origini lucane. Mi sono laureata in Giurisprudenza alla LUISS Guido Carli di Roma con una tesi in Diritto dei Media. Ho collaborato con la rivista on-line ”Ciao Cinema” e con giornali universitari. Trovo rifugio nel cinema e nell’arte e gli sono devota per avermi insegnato che la realtà non è solo frutto della percezione, e che dietro ogni bellezza c’è poesia.