ArT In PiLls : L’erotismo sacro in una scultura di Gian Lorenzo Bernini

Qualche tempo fa, dopo una visita ad un mostra dedicata al Barocco, un’ amica mi chiese quale fosse la mia scultura preferita. Se devo essere sincera ancora al giorno d’oggi non c’è una scultura sola che mi affascina, ma sono parecchie. Quello che mi stupisce ogni volta che vedo una figura umana, un edificio, una pianta o un animale lavorato nella pietra o nel legno, rimango sempre a bocca aperta per la grande maestria dell’artista di cambiare la forma di un blocco, mantenendone la sostanza e creando una nuova sembianza. Come detto prima sono tante le opere scultore che apprezzo dall’antichità fino ai giorni nostri, ma ce n’è una che mi ha sempre affascinato per l’alto tasso di erotismo che da essa traspare.

Transverberazione di S. Teresa d

Transverberazione di S. Teresa d’Avila, G. L.Bernini, 1647-52, Roma

Mi sto riferendo alla Transverberazione di Santa Teresa d’Avila di Gian Lorenzo Bernini, dislocata nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma , nella cappella Cornaro (il cardinale Filippo Cornaro fu il committente dell’opera) e realizzata tra il 1647 e il 1652.

Per realizzare questo gruppo scultore Bernini recuperò tutta la sua abilità creativa- doveva conquistare la fiducia del nuovo pontefice Innocenzo X che sembrava non prenderlo molto in considerazione – condita con la tipica teatralità di ambientazione dell’arte barocca che spesso portava ad una rappresentazione appassionata degli eventi. Se si osserva il gruppo scultoreo nella sua totalità ci si rende conto di come Bernini abbia concepito la cappella come il palco di un teatro con finestre nascoste dal timpano dell’altare che fanno penetrare la luce dall’esterno. Questo fascio luminoso, da un lato, ricorda il riflettore di un teatro ma, dall’altro, la luce naturale che scende dal cielo si trasforma nei raggi in bronzo dorati che attorniano la santa e l’angelo a lei vicino.

Il corpo della santa è abbandonato, in totale rilassamento, anzi sembra quasi stanco e provato dell’incombente esperienza mistica. La figura poggia su una nuvola che la trasporta verso il cielo (e anche questo dettaglio ricorda quanto fossero utilizzate nel teatro di quell’epoca macchine scene ad ingranaggi per creare effetti speciali). Il volto di Santa Teresa è rivolto verso l’alto, a quel cielo dove si trovano Cristo e Dio, e solo orientando gli occhi al cielo, la santa vive un’ esperienza mistica caratterizzata da un completo trasporto emotivo, che la porta a sentirsi vicina al divino. Questo intensa esperienza di fede è la rappresentazione dei una devozione profonda e vissuta con trasporto emotivo e fisico. Il corpo abbandonato in modo completo all’esperienza di fede è avvolto dall’abito talare che si accartoccia su se stesso in pieghe corpose e pesanti. Guardate la mano sinistra che esce dalla veste o i piedi. Essi sono rilassati in modo completo, tanto da sembrare inerti, ma la donna non è morta, è solo rapita e coinvolta in modo completo dell’esperienza di fede che la trasporta in una dimensione altra. Il viso è un esempio di massima dolce bellezza, perché potrete notare tratti somatici delicati, giovanili, con occhi socchiusi rivolti al firmamento e pii c’è quell’affascinante bocca semiaperta dalla quella sembra emergere un gemito dovuto all’estasi.

Dal mio punto di vista, poi a voi magari sembrerà una esagerazione, ho sempre visto la Transverberazione di Santa Teresa d’Avila di Gian Lorenzo Bernini come uno degli esempi di elevate sensualità ed erotismo della scultura. Nel senso che la figura della santa è si abbandonata allo stravolgimento emozionale causato in lei dall’estasi, ma allo stesso tempo il suo corpo e il suo volto fanno trasparire emozioni non solo spirituali, ma anche più carnali, a dimostrazione del totale coinvolgimento che l’esperienza mistica determina. Tutto è partecipe: anima e il corpo. Dal punto di vista della personal esperienza di fede, il partenopeo Bernini aveva molta fede e lo testimonia il fatto che praticasse gli esercizi spirituali di Ignazio da Loyola sotto la guida dei padri gesuiti che frequentava, ma questa opera è, recuperando al definizione enunciata da Geroge Bataille, scrittore, filosofo e antropologo francese un vero esempio di “erotismo sacro”, dove la pulsione sensuale più umana si stempera nell’esperienza dell’estasi religiosa.

Accanto alla santa c’è un cherubino, raffigurato come un ragazzino vivace, la cui veste sembra essere quasi cartacea per come venne lavorata dal Bernini, ma questo non fa che altro esaltare la levigatezza del suo corpo e del viso furbetto. La figura alata è rappresentata nel momento in cui prende le vesti della suora per aprirle e colpirla al cuore con la freccia dorata che tiene nella mano destra. Il dardo è qui il simbolo dell’amore di Dio che si scatena nel cuore della donna.

Tutta la scena dell’estasi di Santa Teresa D’Avila è inserita in un’architettura di impostazione classica realizzata con marmi policromi che esaltano il biancore delle figure scolpite. Ai lati dell’altare dove si svolge la scena dell’estasi, si notano due palchetti nei quali sono presenti delle figure ritratte e mezzo busto, i cui volti appaiono molto realistici ed espressivi. Queste persone sono alcuni membri della famiglia dei Cornaro, che assistono all’estasi della santa, dimostrando però un atteggiamento un po’ freddo e distaccato che evidenzia poco coinvolgimento emotivo. Santa Teresa vive in modo passionale la sua esperienza mistica, mentre chi la osserva è più freddo e meno coinvolto, proprio perché gli spettatori ritratti assumono il tipico atteggiamento di uno spettatore a teatro che sta guardando una rappresentazione e che pensa a scambiarsi commenti con in vicini.

In realtà Bernini voleva rendere partecipi delle intense emozioni vissute da Santa Teresa d’Avila, non tanto i nobili committenti inseriti qui forse per ringraziarli per avergli dato questo incarico, ma i fedeli che entravano in chiesa.

Curiosità: questa opera di Gian Lorenzo Bernini ebbe un grande impatto pubblico e sul mondo dell’arte sacra, che la prese come un vere e proprio modello da imitare per esprimere al meglio le emozioni che l’esperienza di fede scatenano in chi le sperimenta in prima persona.