Anonymous vs Ciber Califfate. E’ iniziata la guerra dell’hacking

La guerra digitale, o per utilizzare la giusta terminologia la cyberwarfare è iniziata qualche tempo fa con gli scandali WikiLeaks e Datagate. Oggi è entrata nel vivo. A combatterla a colpi di sabotaggi, infiltrazioni e pubblicazioni di documenti riservati sono formazioni irregolari costituitesi agli inizi del nuovo millennio e via via cresciute in esperienza e potenzialità.

In questo scenario di guerriglia online si inseriscono gli attacchi terroristici della brigata digitale dello Stato Islamico, il Cyber Califfate, guidato a quanto sembra dal poco più che ventenne Juanid Hussain, jihadista nato a Birmigham, che nel 2010 violò l’account Gmail dell’ex premier britannico Tony Blair.

Il primo ad indicare la strada della Jihad digitale era stato Osama Bin Laden. Il numero uno storico di Al-Quaida aveva compreso come la Guerra Santa del Terzo Millennio avesse nel mondo online uno dei suoi più cruenti campi di battaglia. E così è stato.

Il messaggio è stato ben recepito dai jihadisti del Cyeber Callifate che hanno utilizzato il Web in modo aggressivo a colpi di hashtag, video e foto postate sui social media quali Twitter e Facebook, veicoli preferiti dalla propaganda jihadista.

Ma il fronte Cyber è estremamente complesso e frammentato, composto da soggetti spesso in competizione tra loro. Alcuni di questi hanno ultimamente preso posizione nei confronti dello Stato Islamico.

Primo fra tutti c’è Anonymous, un’entità collettiva, un fenomeno di Internet nato nei primi anni duemila. Legato ad un’estetica generalmente riferita alla libertà di pensiero e di espressione, il collettivo anonimo è composto da hackers vigilanti del Web, autori di molteplici azioni di pirateria informatica che vanno dalla pubblicazione di documenti riservati al blocco totale di alcuni siti web. I militanti di Anonymous si mostrano nei video che pubblicano sui social con la maschera di Guy Fawkes, il celebre membro della “Congiura delle Polveri”, reso noto al grande pubblico dal film V per Vendetta.

Dopo l’attacco al Charlie Hebdo, Anonymous ha rotto gli indugi e aperto le ostilità contro lo Stato Islamico. Questa la loro dichiarazione di guerra:

La vendetta non si farà attendere.Non smetteremo mai. Anonymous ricorda ad ogni cittadino quanto la libertà di stampa sia uno dei principi fondamentali della democrazia. E’ responsabilità di tutti difenderla. Abbiamo sempre lottato per la libertà di espressione. Non ci fermeremo ora. Attaccare la libertà di espressione è attaccare Anonymous. Noi non lo permettiamo. Tutte le aziende e le organizzazioni connesse a questi attacchi terroristici s’aspettino una reazione massiccia di Anonymous. Vi rintracceremo. Vi troveremo e non ci fermeremo mai. Noi siamo Anonymous. Noi siamo la Legione, Noi non perdoniamo, Noi non dimentichiamo. Aspettateci”.

È partita quindi l’offensiva che ha portato nella sola giornata successiva all’attentato, all’oscuramento di 14 siti legati al terrorismo islamico. Gli hacktivsti anonimi hanno poi iniziato un attacco asserragliato a tutti i principali siti web legati allo Stato Islamico con lo scopo di mapparli, bloccarli e fornire alle autorità il maggior numero di informazioni possibili.

Dal profilo Twitter @OpIceIsis Anonymous rende periodicamente noto il bollettino di guerra: tra il 14 e il 15 gennaio sono stati oscurati 73 tra i principali siti jihadisti e segnalati alle autorità circa 1000 profili Twitter sospetti, il 18 gennaio sono stati rese pubbliche più di 1000 e-mail legate al sito islam-army.com.

La risposta dei terroristi islamici del Web 2.0 non si è fatta attendere. Il Cyber Califfate a metà Gennaio ha violato gli account Twitter e YouTube del Comando Centrale Usa con sede a Tampa. Un attacco che non ha comportato grandi rischi ma che voleva suonare come un grido di guerra, una minaccia alla sicurezza online.

Contro il Cyber Califfate si è schierato poi il temibile Eletronic Syrian Army, un gruppo di hacker siriani decisamente pro-Assad che ha costituito il primo vero esercito digitale arabo in grado di lanciare attacchi informatici alle potenze occidentali. L’ESA si è guadagnato il rispetto delle altre cyber-formazioni con attacchi e violazioni di numerosi siti di informazione occidentali come BBC, Associated Press, CBC News e il New York Times.

Lo Stato Islamico si trova poi sotto il fuoco incrociato di The Jester e di redHack. Il primo è il gruppo di hackers patriottici statunitensi, nemici giurati di Anonymous, i secondi sono gli hackers turchi di matrice marxista-leninista che continuamente mettono i bastoni fra le ruote del presidente Erdogan.

La guerra digitale è entrata nel vivo. Gli eserciti si sono schierati sul campo di battaglia, ma i fronti sono molteplici e ciò che più appare paradossale è che forze anti-sistema come Anonymous, da sempre nemici giurati della sicurezza online, appaiano oggi indispensabili nella lotta al Cyber terrorismo.

Bisogna tenere a mente che la quasi totalità delle comunicazioni è digitale e quindi esposta al rischio di essere intercettata e sabotata: nulla è sicuro sulla Rete.

Senza usare troppa fantasia, un’offensiva cibernetica progettata con precisione su larga scala getterebbe il mondo nel caos in meno di un quarto d’ora: i sistemi di comunicazione civili e militari andrebbero in ginocchio in pochi istanti, raffinerie e oleodotti salterebbero compromettendo la produzione di energia elettrica. Il mondo della finanza e del denaro elettronico impazzirebbe, i mass media verrebbero ammutoliti. Nel giro di qualche giorno cibo e carburante diverrebbero merce rara e la società si troverebbe ad affrontare una situazione da giorno del giudizio.

Francesco Frisone

Francesco Frisone

Francesco Frisone, nato nel 1994 a Roma. Frequenta la facoltà di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Pavia, è allievo IUSS e alunno dell’Almo Collegio Borromeo. Ha frequentato la London School of Journalism nell’estate 2014 e ha lavorato per l’Ufficio del Sindaco Depaoli a Pavia nel 2015. Si interessa di media, politica e campagne elettorali.