“Ammazza la star” di Francesco Consiglio: una geniale parodia della realtà

Francesco Consiglio, scrittore e drammaturgo, ha esordito nel 1989 con Alone, una vicenda messa in scena dalla Zattera di Babele di Carlo Quartucci. Tra le altre opere ricordiamo Segnali di vita, Riassunto delle afflizioni e delle pene e il testo della canzone Il matto Campana ispirato all’autore Dino Campana. Ha collaborato con importanti quotidiani nazionali come “Espresso”, “Panorama”, “Epoca”, “L’Europeo” e con il mensile “Focus”.
Nel 2006 ha pubblicato una favola illustrata dal titolo Valentino va veloce (Tabula edizioni) e I Botolini, una biografia per immagini di un’importante azienda abruzzese.
Ammazza la star (Castelvecchi, 2018) è il suo ultimo romanzo dalla trama grottesca ed eccentrica che riconferma lo stile dell’autore ironico, unico e mai banale; preceduto da due romanzi anch’essi molto singolari: Qualunque titolo va bene (Iacobelli editore, 2010) e Le molecole affettuose del lecca lecca (Baldini e Castoldi, 2014).

Come nasce l’idea di questo libro eccentrico e provocatorio allo stesso tempo?

Sono stanco di scrittori che descrivono l’ovvio. Gli scaffali delle librerie sono pieni di commissari che combattono la mafia, innamorati che si amano si odiano si lasciano e si riprendono, coppie che vorrebbero sposarsi ma le famiglie sono contrarie, malati di cancro che ci spiegano quanto è bella la vita. È il trionfo letterario del virus che ha infettato milioni di cervelli: il buonismo. Basta con le foto dei gattini su internet! A un certo punto del romanzo, il mio protagonista prende a calci un gatto e lo scaglia più volte contro un muro fino a ucciderlo. Perché lo fa? Per affermare una poetica: non esistono limiti etici alla scrittura e non esistono cattive ideologie in letteratura. Viva il Céline impubblicabile, viva lo scrittore che può dire tutto! Le sue idee possono anche farmi schifo ma voglio che non mi sia negato il diritto di conoscerle.

Un serial killer e un’insegnante precaria che fa la detective: sono due figure così inette e poco comuni da sembrare destinate al mondo della fantasia, eppure sono i protagonisti del tuo romanzo. Com’è nata l’idea di farli incontrare?

Per bontà. Questi due disgraziati, così avviliti e sperduti, certi solo della propria insicurezza, non trovavano accoglienza altrove, neanche presso gli scrittori fintamente buonisti, i nuovi papa boys che si nutrono del filisteismo letterario di sinistra ed evitano i personaggi politicamente scorretti come fossero appestati.

La notorietà a tutti i costi. Che la si raggiunga “ammazzando una star” o acciuffando il feroce assassino è del tutto secondario. Dietro questa spassosa parodia della realtà si cela una critica al nostro mondo e alla costante ricerca di idoli da venerare?

Come Aronne fabbrica il vitello d’oro per soddisfare gli Ebrei durante l’assenza di Mosè, così la società dello spettacolo ha sempre pronti nuovi idoli da dare in pasto alla folla idiota che si fa ammaliare da panem et circenses. Ce n’è per tutti: dallo scrittore professionista dell’anticamorra all’ex fotografo tatuato e carcerato che fa collezione di femmine e scranni televisivi. Nulla di nuovo sotto il sole. Prima o poi anche l’Italia avrà il suo Mark Chapman (l’assassino di John Lennon, n.d.r.), e molti cattivi maestri televisivi andranno in cerca di specchi nei quali guardare, con vergogna, la propria anima nera. Ti piace come ho risposto? È letteratura profetica, mica lo stucchevole birignao degli scrittori progressisti e progressivamente regressivi.

La tua scrittura è divertente, ma non è fatta per far ridere tutti. Ci riveli il tuo segreto?

È lo stesso di Charles Bukowski: “Tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo”.

Perché Ammazza la star dovrebbe essere letto (e capito)?

Quel verbo servile non mi piace. Daniel Pennac ha formulato 10 diritti del lettore. Sai qual è il primo? Il diritto di non leggere. Capirmi poi, è qualcosa che non auguro a nessuno. Parafrasando un genio folle: “Se guarderete a lungo nell’abisso della mia scrittura, l’abisso vi guarderà dentro”.

Quale autore, tra i classici del “politicamente scorretto”, ritieni più vicino a te?

Matteo Salvini. Se mi obietti che non è uno scrittore, ti rispondo che se un autore letto da 30.000 persone può dirsi di successo, quei numeri Salvini li fa con un post.

Esiste un fil rouge (più o meno sotterraneo) che collega questo libro ai tuoi romanzi precedenti?

Più d’uno: protagonisti che si trovano in conflitto con il proprio ambiente, famiglie aride e secche che vorrebbero cavarsi gli occhi ma si tengono ipocritamente insieme, amanti spasmodici e ossessivi, assassini che trovano nel delitto la liberazione dai propri demoni. Tutto cucinato in salsa comica per non restarne io stesso devastato, ridotto in polvere dalla scrittura.

Raffaella Anna Indaco

Redazione

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