Accademia della Crusca 2.0: “Emoticon e abbreviazioni non sono un problema”

di Luigi Caiafa, in Media, New media, del 31 Ott 2016, 10:35

Dopo i dati Ocse sull’alfabetizzazione nel nostro Paese, attraverso i quali emerge un panorama inquietante in cui circa la metà degli italiani risulta afflitta dal cosiddetto “analfabetismo funzionale”, molti critici continuano ad accusare il web e la circolazione incontrastata di mezzi ultra-tecnologici che rischiano di compromettere la nostra reattività cerebrale.

Numerosi studi sono stati eseguiti sul tema, tuttavia, tra opinioni a favore e altre contrarie non si è ancora in grado di verificare quanto l’uso di dispositivi mobili sia realmente dannoso, non solo per la nostra salute, ma soprattutto sul modo di percepire la realtà che ci circonda, e nemmeno di comprendere quanto sia grave questo “processo di atrofizzazione del sapere” rilevato recentemente dall’Ocse.

Un dato, però, è certo: gli smartphone e i social network hanno influenzato la nostra lingua e il nostro modo di esprimerci. Emoticon, sms sgrammaticati, l’uso sfrenato della k in sostituzione del ch sono tutte forme che sembrano deteriorare il nostro modo di scrivere. “L’italiano è moribondo, colpa dei social”, direbbero gli integralisti della grammatica, ma c’è chi, in controtendenza, non è d’accordo.

In una recente intervista pubblicata sul Venerdì di Repubblica, Claudio Marazzini, presidente della massima autorità linguistica italiana, l’Accademia della Crusca, afferma che la semplificazione linguistica adottata per WhatsApp, Messenger o Skype non rappresenta un pericolo, anzi, dichiara che «è solo una questione di grafia in un contesto in cui serve rapidità. Lo strumento cambia lo stile», alludendo alla telegrafia del secolo scorso, in cui la velocità dell’esecuzione necessitava di un criterio selettivo di parole di facile comprensione.

Autore di Scrivere nell’era digitale, volume in uscita con la nuova collana di Repubblica, Marazzini sostiene che le insidie del web per la lingua sono da ricercarsi altrove. Ad esempio, nei nuovi mezzi di scrittura: «Prima, con la Lettera 22, eravamo costretti a riscrivere sempre da capo, a ripensare ogni volta un testo. Oggi, invece, rimaniamo troppo legati alla prima stesura.» E poi ci sono il “copia e incolla”, sempre più diffuso anche in ambito scolastico, le ricerche approssimative su Google, in cui molti non sono in grado di riconoscere le fonti autorevoli. «Ma il vero problema – prosegue Marazzini, tenendo in considerazione, forse, la recente inchiesta Ocse – è rappresentato dai livelli di cultura assai migliorabili degli italiani, dall’analfabetismo di ritorno e dalla scarsa capacità di comprensione del testo. Questa è la vera minaccia per la nostra lingua. Non certo le nuove tecnologie, le emoticon o i perké con la k».

Insomma, il vero dramma è l’ignoranza e il bassissimo livello culturale degli italiani, sciagurato emblema di un Paese in cui il sapere umanistico sembra essere in costante declino.

Luigi Caiafa

Luigi Caiafa nasce in Puglia nel 1985. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’arte antica presso la Sapienza, Università di Roma, inizia un percorso di formazione in ambito editoriale. Da gennaio 2016 collabora con la casa editrice Historica e la rivista online Cultora.