“La più amata”, di Teresa Ciabatti (Mondadori): quale versione volete di me?

di MariaGiovanna Luini, in Arte, Blog, Letteratura, Libreria, Libri, Recensioni, del 2 Mar 2017, 12:10

Quale versione volete di me? E’ una domanda che non ho mai osato tirare fuori dal silenzio della mente, così frequente che non potete immaginare. La stessa domanda affiorava alle labbra di Umberto Veronesi (ne abbiamo parlato spesso) e – sono pronta a scommettere – di ogni chirurgo che io abbia frequentato nella metà della vita che è “il Medico”. Ma non riguarda solo i chirurghi: ogni singola vita spesa (anche) a beneficio degli altri, ogni piccola o grande bontà, ogni generosità pubblica o privata spinge chi la vive a domandarsi se la versione positiva e accettabile di sé sia l’unica che il mondo vuole. La grande, enorme paura è sentirsi rispondere: sì, vogliamo la versione bella, e che tu sia buona, paziente, capace di amore incondizionato, salvifica. Vogliamo che le tue mani leniscano dolore e non schiaffeggino, che il tuo ego non affiori per chiedere agi e remunerazione, vogliamo tu sia la santa che non abbiamo ancora incontrato. Speriamo che nelle relazioni sentimentali tu eviti di chiedere, pretendere, rivendicare, che stia al tuo posto raccogliendo umile ciò che arriva e nel lavoro accetti solo doni spontanei con cenni benevoli del capo.

La verità è che nessuno pone la domanda. Nessuno tranne una donna: Teresa Ciabatti. “La più amata” (Mondadori) è un romanzo-memoriale che può essere letto con decine di punti di vista, come accade per le opere di letteratura alta: l’ideale sarebbe evitarli a priori, i punti di vista, ma tant’è. In questo libro Teresa si mette nuda e piazza lo sguardo negli occhi dei lettori, poi dice: ascoltate la mia verità. Lo fa con coraggio e determinazione, con un sovrumano amore che diventa dolore e rinascita e ancora dolore, con lo sprezzo per le conseguenze possibili. Ci racconta se stessa e un Idolo, un Dio della medicina, un salvatore di corpi e (quindi) di anime nelle sue parti in ombra, nei segreti che di solito si tacciono, nelle pieghe che si abbandonano in un angolo perché aperte potrebbero puzzare un po’.

Teresa Ciabatti racconta suo padre, che per il mondo è il Professore: un chirurgo che ha salvato decine di vite, alleviato centinaia di dolori, preso in mano corpi malati per restituirli alla vita. Lo ha fatto davvero, non è una leggenda: Lui – Lorenzo Ciabatti, primario all’ospedale di Orbetello – per tanta gente è diventato Dio grazie al talento innato e allo studio indefesso della chirurgia. Ma Lui – sempre Lorenzo Ciabatti – nasconde agli occhi di chi lo idolatra alcuni segreti: sono segreti leggeri o pesanti, incredibili ma reali, crudeli da scoprire, e sua figlia li racconta tutti.

Amore, delusione, dolore, senso di colpa (sì, c’è anche quello), ironia e volontà di scarnificare la verità per restituirla alla luce: ho sentito tutto questo leggendo “La più amata”. E ho sorriso, pagina dopo pagina, perché vivo dall’interno il mondo della versione sacra e positiva di Lorenzo Ciabatti e so che niente, davvero niente, potrebbe mai distogliermi da una certezza: se Lorenzo Ciabatti fosse vivo e mi trovassi ad avere bisogno di un certo genere di chirurgo oggi – sapendo ciò che so – sceglierei mille volte lui.