Riscoprire l’uso delle parole nell’era dei social network

C’è stato un momento in cui ho ringraziato Iddio per avermi donato la capacità di mettere insieme parole. È stato quando la sorella di padre Bossi, il missionario rapito nelle Filippine, mi ha chiesto di poter leggere alcuni miei pensieri al suo funerale: mi è sembrato di accompagnare nell’ultimo viaggio quell’autentico eroe.

Già, le parole. Tutti conosciamo, e quindi usiamo, parole. Personalmente ho avuto la fortuna di farle diventare un mestiere. Perché in fondo sono “bestioline” strane che rispondono sempre al nostro cervello. E hanno una forza incredibile, dirompente. Possono far ridere e possono far piangere. Me ne accorgo soprattutto adesso, nella seconda stagione della mia vita, in cui ho riscoperto la voglia di metterle insieme con un uso più accurato: non parole al vento, ma fissate su carta, e quindi macigni. Mi sono addirittura inebriato di questa strana vertigine: pensate, tanto per dire, che in poco tempo ho scritto nove libri e sto già pensando al decimo.

Ma le parole sono di tutti, non hanno padroni. Conosco gente, anche molto giovane, capace di metterle insieme in maniera efficace e poetica. Ed è un peccato che per qualche tempo si sia abbandonata questa grande risorsa, bruciati dal tempo e dalla pigrizia: tutti telegrammi, come se costassero, invece di lettere. Tutti talmente di corsa da dire lo strettissimo necessario. La grande speranza è che, dopo il grande buio, si stia tornando agli antichi splendori della conversazione, dello scambio. Non più soltanto like o condivisione di un pensiero, senza pensarci neppure troppo, ma la voglia di mettere in piedi un ragionamento.

Forse non è solo una speranza. Ho il privilegio di far parte della giuria di un premio letterario e da un po’ di tempo siamo letteralmente invasi da piccole e grandi opere. Scrive chiunque, cioè di qualsiasi età, da dieci ai novant’anni perché ognuno di noi ha qualcosa di dire, sta solo dentro. Non è difficile, basta la volontà di tirar fuori tutte quelle parole che per troppo tempo abbiamo cocciutamente lasciato nel cassetto.

Pino Scaccia

Inviato storico del Tg1 Rai. Ha seguito i più importanti avvenimenti degli ultimi trent’anni. Prima di dedicarsi a tempo pieno all’attività di scrittore, è stato capo redattore dei servizi speciali del Tg1. “Giornalismo, ritorno al futuro” (Giubilei Regnani) è il suo ultimo libro.