L’inconcepibile vanto dell’avere in biblioteca “Gente di Dublino” di Joyce

Dunque, dunque, ci eravamo lasciati l’ultima volta con uno s-consiglio davvero particolare, che ha lasciato interdetti (per non dire scandalizzati) molti illustri rappresentanti dell’intellighenzia nostrana.

Già, perché si dà il caso che Simonetta Tassinari abbia sconsigliato la lettura di – udite udite – dell’Ulisse di Joyce. E anche a questo giro il povero amato (neanche troppo mi pare…) James si becca un’altra critica.

Questa volta a vestire i panni del cattivo è Flavio Pagano, il solo unico inimitabile Pagano, che s-consiglia – fra le varie opzioni possibili – quello che lui stesso definisce uno “Sclassico”. Vediamo di cosa si tratta.

FLAVIO PAGANO sconsiglia GENTE DI DUBLINO di J. JOYCE:

Qual è secondo me uno sclassico? C’è l’imbarazzo della scelta… Mi trattengo per quieto vivere dal citare Le affinità elettive, o opere che richiamano alla mente il concetto di «demenza del genio» – nato con le ultime Sonate di Beethoven ma applicabile anche al Doctor Faustus di Mann (scrittore venerabile, sia chiaro) o al Giuoco delle perle di vetro (altro autore che amo moltissimo) – e scelgo Gente di Dublino.

Anche Joyce fa parte degli intoccabili e dunque, per carità, lascio senz’altro le spoglie dell’Ulisse nella teca che gli compete e mi scappello dinanzi alle parole di Eliot («è un’opera che ha la portata di una scoperta scientifica»), ma Dubliners è un altro discorso. Un (bel) libro, d’accordo, ma solo i coglioncini da salotto che amano dire frasi tipo «l’ho letto a tredici anni» possono concepire come un vanto il fatto di averlo in bliblioteca.

Solo alcune opere, su tutti i capolavori della letteratura russa, si imprimono nella Storia per la loro forza, e molti sono invece quelli resi celebri dalla prepotenza della lingua in cui sono scritti, o dalla capacità attrattiva della cultura cui appartengono.

La nostra narrativa, schiantata nella seconda metà del Novecento dalle necessità di alimentare certi miti della storia patria, è afflitta purtroppo da un ormai cronico provincialismo, con un saldo negativo tra importazione ed esportazione di titoli, secondo solo al debito pubblico dello Stato. Come nel cinema, sempre più le italiche strategie editoriali sono improntate all’evitamento del più benché minimo e remoto rischio, e si contrabbandano sistematicamente banali romanzi di genere e operette maldestre (talvolta francamente addirittura penose), come «grandi libri» di «grandi talenti». E tutto questo continua ad aprire la strada a pseudocapolavori stranieri.

Il pubblico dei libri, specie se parliamo di grandi numeri, è ormai sovrapponibile a quello televisivo, nonché a quello degli internauti incapaci di distinguere le bufale che circolano sui social dalle notizie vere.

Ma tutto questo sarebbe forse sopportabile se il prezzo da pagare non fosse che libri magistrali, di bellezza assoluta, come L’Oro di Napoli di Giuseppe Marotta, debbano essere dimenticati, mentre i coglioncini disquisiscono di Dubliners (curando molto la pronuncia di questa parola).

SCHEDA SEGNALETICA D’AUTORE:

FLAVIO PAGANO: scrittore e giornalista, Flavio Pagano ha vinto nel 2011 il “Premio Elsa Morante” con Ragazzi ubriachi, nel 2013 è uscito per Giunti Perdutamente, vincitore di “Un libro per il cinema”. Ha pubblicato poi nel 2014 I tre giorni della famiglia Cardillo e nel 2015 ha partecipato all’antologia Scrittori in viaggio con i classici, a cura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Senza paura è il suo ultimo romanzo (Giunti, 2015).

Giulia Ciarapica

Laureata in Filologia Moderna, è blogger culturale, critica letteraria, redattrice per Sololibri e per il giornale online Ghigliottina.it. Collabora con diverse case editrici, tra cui Giunti, Longanesi, Voland e Laurana Editore. Si occupa dell’organizzazione di eventi culturali, in particolare di presentazioni letterarie e di incontri legati a festival culturali nelle Marche, dove vive.