Eric Cantona, genio e sregolatezza nel romanzo del calcio

di Simone Morichini, in Blog, del 28 Ago 2017, 12:00

Cantona

Calciatore, pittore e attore. Se non conoscessimo già la risposta, sarebbe un enigma degno della Sfinge di Edipo. E invece si tratta di Eric Cantona, il popolare attaccante del Manchester United della prima metà degli anni ’90. Figura controversa e rivoluzionaria allo stesso tempo, suscita da sempre reazioni contrastanti tra il pubblico e gli addetti ai lavori. Fuoriclasse? Artista? Provocatore? Forse tutto questo insieme e anche di più. Daniele Manusia, direttore de L’Ultimo Uomo e collaboratore di Rivista Undici, ha tracciato un ritratto a tutto tondo del calciatore francese nel suo Cantona. Come è diventato leggenda (Add editore, 2017). Secondo lo scrittore romano, la straordinarietà di Eric Cantona risiede nel fatto di essere stato il primo vero giocatore del calcio moderno. Dotato sia fisicamente che tecnicamente, questa particolare combinazione lo metteva nelle condizioni di utilizzare la sua prestanza atletica per affrontare i forti difensori del campionato inglese ma, allo stesso tempo, di fare la differenza con gol decisivi, tiri imprevedibili e giocate spettacolari. Ma è nel rapporto con stampa, massmedia e tifosi che Manusia coglie un elemento di grande novità. Cantona utilizzava un linguaggio diretto e immediato quasi intuendo il momento di profonda trasformazione che stava attraversando il soccer in Europa: “Il calcio in cui ha mosso i suoi primi passi non era ancora more than a game, anzi era privo di Tv […] e se da una parte sembra sincero quando dice che il suo scopo non è intrattenere, dall’altra il suo senso per lo spettacolo era perfetto per i tempi che si stavano preparando”. Tuttavia, come spiacevole conseguenza di queste “modalità” innovative di porsi nei confronti dell’opinione pubblica, Cantona avrà numerosi problemi con compagni, avversari e allenatori sia in campo che fuori come testimoniano i suoi rapporti conflittuali con Henri Michel e Raymond Goethals, solo per fare alcuni esempi. Agli inizi degli anni ’90 la Francia, tanto amata quanto odiata, sta ormai stretta al fuoriclasse di Marsiglia e sarà proprio uno dei miti del calcio transalpino, Michel Platini, a consigliargli di “emigrare” in Inghilterra, nella recondita speranza di recuperarlo nell’economia della nazionale francese. E “Roi Michel” non sbagliava nella sua valutazione perché il calcio inglese era perfetto per le caratteristiche di Cantona: atletico, duro e fisico ma anche improntato alla lealtà e al fair-play. Poco tempo dopo il suo arrivo oltremanica, dichiarerà: “In due mesi in Inghilterra mi sento più a casa di quanto non mi sia mai successo in Francia”. Secondo Manusia, ci sono ormai tutti gli ingredienti giusti per una vera e propria “inspirational story” in quanto l’attuale Premier League si rivelerà talmente adatta alle qualità tecniche e fisiche di Cantona che, dopo una prima esperienza al Leeds, diventerà il giocatore del secolo del Manchester United segnando, con le sue reti e le sue prestazioni, la storia del club mancuniano. Il leggendario allenatore dei Red Devils Alex Ferguson sottolineerà anche il suo impatto sui giocatori più giovani, quel carisma personale che sarà da esempio a tutti i suoi compagni di squadra. Lo storytelling di Manusia procede sempre a doppio livello, narrando sia i grandi episodi della carriera di Cantona (tra cui non si può non ricordare il famoso calcio volante al tifoso del Crystal Palace Matthew Simmons) che gli eventi minori della sua vita (dalle sue vicende familiari al particolare rapporto con l’attore Mickey Rourke). Ma quello che il direttore de L’Ultimo Uomo coglie perfettamente è l’impatto del personaggio Cantona in un contesto di cambiamento del calcio. Manusia la definisce “una rivoluzione stilistica che avrebbe trasformato il campionato inglese in uno dei più affascinanti d’Europa nel giro di pochi anni” e dove Cantona “ha fatto da apripista”. Allo stesso modo, lo scrittore romano pone sotto la sua lente d’osservazione il suo controverso rapporto con la nazionale francese di calcio. Scorrendo le pagine del libro, si comprende bene l’attaccamento di Cantona ai Blues ma è un “odi et amo” in perfetta regola. Di fatto, l’unico grande palcoscenico con l’undici transalpino è l’Europeo del 1992 ma la Francia esce malamente nella fase a gironi di quel torneo che vedrà affermarsi la sorprendente Danimarca. Culmine di questa contrastata vicenda rimane l’esclusione di Cantona dalla selezione francese che si presenta agli Europei del 1996, con i “galletti” estromessi in semifinale proprio sul “terreno” preferito del fuoriclasse marsigliese, quei tiri dagli undici metri che sanciranno la vittoria della Repubblica Ceca all’Old Trafford di Manchester. Sono belle le storie del calcio, vero? Non si può poi eludere il rapporto tra Cantona e il cinema. È un legame quasi immediato, dato dalla sua grande presenza scenica in campo. Manusia lo evidenzia molto bene citando il noto Looking for Eric del grande Ken Loach dove Cantona recita una versione di sé stesso, quel giocatore che, in fondo, i tifosi del Manchester United hanno sempre desiderato. E così la storia di un umile postino tifoso dei Red Devils diventa il pretesto per narrare l’impatto di Cantona nell’immaginario pubblico della città inglese. Caduto in uno profondo stato di depressione, il portalettere viene aiutato a uscirne fuori dallo stesso fuoriclasse francese “sotto forma della proiezione psichica del postino protagonista”. “Pochissimi giocatori – ha detto Ken Loach – hanno catturato l’immaginario del pubblico come Cantona. Ha una naturale proiezione verso l’esterno, un grande calore. L’attore di teatro e di cinema non è molto diverso dalla star del football”. Cantona s’è sempre sentito un uomo di passaggio. Nel calcio, nella società e nella vita. E anche per la sua nazionale è stato un ponte tra la generazione vincente dei Platini e quella trionfante dei Zidane, una singolare “maledizione” sportiva per un talento naturale come lui. Ha calcato il suo ultimo palcoscenico quando ancora sentiva di essere Cantona, quando “era ancora protagonista, evitandosi il lento declino di molti colleghi”. E, infine, l’eterno dilemma: il suo carattere. Limite o risorsa? Ma qui potremmo rispondere con un’altra domanda. Avremmo veramente avuto Eric Cantona? Au Revoir.

Simone Morichini

Sono nato a Roma il 20 dicembre 1976 e mi sono laureato in Scienze politiche presso l’Università “La Sapienza” dove ho successivamente conseguito il Dottorato di ricerca in “Storia delle elite e classi dirigenti”. Giornalista pubblicista iscritto all’Ordine del Lazio e Molise, lavoro in campo editoriale occupandomi di marketing, distribuzione e promozione libraria. Ho successivamente condensato la mia intera esperienza professionale in una pubblicazione ad hoc dal titolo “Per una manciata di libri. Aspetti commerciali nell’editoria”, uscito nel 2011. Ho collaborato con varie riviste tra cui “Elite e Storia”, “Olimpiaazzurra”, “Iniziativa” e la pagina culturale del webmagazine “DailyGreen”. Mi piace viaggiare e adoro la letteratura scandinava (Arto Paasilinna e Jan Brokken in particolare). Appassionato di lingue straniere (inglese e tedesco su tutte), sono uno sportivo onnivoro e amo la disciplina invernale del Biathlon.