Andrea Appino e il traffico del suo “Grande raccordo animale”

Diceva Caparezza che Il secondo Album è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Certo Appino ne ha registrati eccome, ma Grande raccordo animale è il suo secondo CD da solista e di certo ha rappresentato una bella sfida per il frontman degli Zen Circus.

Uscito il 26 maggio, anche per la SONY music, il secondo lavoro del cantautore pisano supera di gran lunga le aspettative dimostrandosi, sebbene non perfetto, molto più maturo rispetto a Testamento, suo primo CD.

Il disco viaggia tra pop, rock e folk, abbandonando la linea rock/punk precedente che pure ritroviamo in qualche traccia, e dimostra le grandi abilità di scrittura di Appino che con testi freschi e incisivi non si perde in intellettualismi preferendo un approccio popolare e pratico.
La prima traccia prende il nome dell’eroe Omerico Ulisse raccontandone la storia dilungandosi in lunghe parti strumentali che caratterizzano il modus operandi dell’artista. Rockstar, seconda in lista, si dimostra essere il pezzo di maggior impatto del disco: arrangiamenti perfetti e un testo attuale che fa venire la pelle d’oca. Solo alla terza traccia giunge quella che dà il titolo a tutto l’album caratterizzata da un sound folk/pop che si lascia ascoltare piacevolmente. Ci trasferiamo a New York cambiando completamente sound ritrovando tutta l’energia che la voce di Andrea, messa in risalto, sa tirar fuori. La quinta traccia, La volpe e l’elefante, coinvolgente nel ritornello fa storcere un po’ il naso per le sue melodie graffianti ma risulta ugualmente gradevole all’ascolto. Superato il centro del disco con Linea guida e generale la musica diventa una “guerra nucleare, l’unica guerra che io voglio fare”: chitarre in overdrive e bassi suonati col plettro riportano la mente ai suoni che caratterizzano i lavori fatti coi Zen Circus, in particolare Andate tutti Affanculo. Avvicinandoci al termine con L’isola di Utopia, il disco subisce un’inversione di marcia tornando su suoni pop/folk che, giunti a questo punto, risultano fuori luogo e fuori tema. Stessa sensazione si avverte con Nabucco Donosar. Appino ci lascia con l’amaro in bocca portandoci quasi all’apice dell’intensità del suo CD con la sesta traccia per poi tirarsi indietro sul più bello. Buon anno, nona traccia, si presenta come una ballata rock musicalmente perfetta per il genere ma poco coinvolgente sia dal punto di vista testuale che emotivo. Fortunatamente con gli ultimi due brani l’album sembra riprendere dal punto in cui ci aveva lasciato con Linea guida e generale, regalandoci quell’emozione musicale che stavamo aspettando fin dalla prima nota di questo lavoro.
L’ultimo brano, Tropico del Cancro chiude il tutto salutandoci con quattro accordi e un testo più che eloquente dedicato a recensori, fan troppo esigenti e perbenisti.

L’album risulta un buon lavoro, un’ottima seconda prova che ci lascia con una riflessione: la musica è musica e niente di più, un’emozione soggettiva che prima o poi colpisce l’animo di tutti, basta solo saper aspettare il momento giusto.