Mauro Giovanardi, “Tenco fu per me uno spartiacque, soprattutto letterario”

di Sergio Mario Ottaiano, in Musica, del 8 Ott 2015, 12:30

giovanardi

Chi è Mauro Ermanno Giovanardi? Solo uno dei pilastri della musica italiana attivo dal 1980 ad oggi e fondatore di numerose band che hanno fatto la storia della musica italiana. Tra queste ricordiamo The Carnival of Fools e La Crus, con cui ha partecipato anche a Sanremo nel 2011. Cantante, bassista e produttore discografico, fondatore della Vox Pop insieme a tanti altri musicisti, tra cui Manuel Agnelli, oggi Giovanardi ha scelto una nuova direzione per la propria musica: quella da solista. Direzione fortunata, si direbbe, che lo ha portato a ricevere diversi premi, nel corso della sua carriera, l’ultimo dei quali proprio quest’anno. Infatti, il suo ultimo disco, Il mio stile, ha ottenuto la prestigiosa targa del Club Tenco come Miglior Album dell’anno. La premiazione è fissata nei giorni della manifestazione, dal 22 al 24 Ottobre, ma prima del premio il cantautore ci ha regalato un po’ del suo tempo facendo due chiacchiere con noi.

Una vita in musica, attivo dal 1980 prima in gruppo e poi da solo. L’esigenza di diventar cantautore da dove nasce e soprattutto con quali ispirazioni? Italiane o straniere?

È stato decisamente un processo naturale venuto dopo l’esperienza con La Crus, con cui ho inciso 8 dischi. Fondamentalmente ognuno di noi è la somma delle proprie esperienze quotidiane e i gruppi precedenti mi hanno permesso di essere ciò che sono ora. Ad un certo punto mi è sembrato giusto e importante mettere la faccia, in prima persona, in ciò che facevo anche per capire il vero valore di me stesso e delle mia musica. Le mie influenze straniere provengono dalla scuola di Morrison, Elvis, Cohen, ma anche la musica italiana di De Andrè e Ciampi mi ha dato molto.

Nel 1996 dovevi vestire i panni di Luigi Tenco in un film, progetto poi abbandonato; nel 2013 vinci con Maledetto colui che è solo la targa Tenco per la sezione “Interprete”, nel 2015 una nuova targa Tenco per Il mio stile. Si può dire che la tua carriera sia nel segno di Tenco? Qual è il tuo rapporto con questo autore?

Potrei dire di essere legato a Tenco in maniera assoluta, fin dagli anni ’80. La madre della mia ragazza di allora diceva sempre che avevo un modo di cantare triste, molto vicino a lui, e disse che dovevo ascoltarlo per forza. Ascoltai Angela e subito pensai “ma allora si può fare”. La mia generazione cantava in inglese, e Tenco fu per me uno spartiacque, soprattutto letterario. Iniziai a recuperare il passato musicale italiano, soprattutto della scuola dei genovesi, un po’ come un cantore che andava recuperando vecchie storie, l’idea m’intrigò.

Cosa ne pensi del panorama musicale italiano? Da produttore discografico quali sono i nomi che credi potranno diventare dei big?

Sono un po’ fuori da queste dinamiche e ascolto poca musica “moderna”, ma credo che Brunori stia facendo cose interessanti, anche Vinicio Capossela credo che sarà ciò che era Fossati un tempo. Silvesti, Bianconi sono grandi artisti e anche il primo disco di Colapesce lo ascoltai con piacere. Mi è capitato di sentire il primo disco di un cantautore di nome Andrea Martinelli e credo che le sue prime sei tracce non siano affatto male.

Conosciamo l’autore: quali sono le letture che hanno caratterizzato la tua carriera da cantautore e il tuo percorso artistico? Che libro consiglieresti ai nostri lettori?

Nella mia vita ho divorato moltissimi classici, ma ti dirò, dato che avrei desiderato fare l’archeologo oggi leggo molta saggistica. Se dovessi consigliare un libro credo che sceglierei le Poesie di disamore di Cesare Pavese, anche perché la poesia è una forma di scritto più vicino alla canzone, molto più che la prosa.

La tua è una voce profonda, delicata, che parla di amore, tristezza, felicità e che racconta soprattutto storie. Mi è parso però di intravedere nel disco la figura di un’entità superiore, come nel secondo brano, presente in diversi ambiti, che s’incarna nella donna amata, che si manifesta in noi stessi, e nelle formule rituali “la mia anima tre volte ti chiamò”. Questa vena spirituale è presente?

Sono un ateo attratto dalla spiritualità, anche se non so bene cosa sia la cerco. Nel disco c’è sicuramente una vena spirituale ma in alcuni brani, come Se c’è un Dio, è una presenza molto più grottesca, che gioca sui doppi sensi sessuali, anche un po’ distante dal mio stile. In Come esistere anch’io ho citato una frase di Sant’Agostino ma girandola al contrario perché l’avvertivo più attuale, quella è una vera invocazione.

A breve partirai per le serate finali del premio Tenco, come ci si prepara ad un evento del genere, come lo si affronta?

Certamente è un po’ come una festa, ci sono tante emozioni, ma è anche un palco un po’ vuoto. Dopo Sanremo quasi tutti gli altri palchi sono più facili. Fare solo due brani è paradossalmente più difficile che fare un intero concerto, perché c’è poco tempo per scaldarsi e i suoni vengono stravolti. C’è sicuramente tanta felicità e un po’ di pressione, ma non mi sento particolarmente agitato.

Il Tour autunnale di Giovanardi è già iniziato, ma molte sono le date già fissate prima dell’inizio del nuovo anno che vedranno in scena Il mio stile. Potete ascoltare la sua musica su tutte le piattaforme digitali e ovviamente comprando il suo ultimo disco. Giovanardi è un cantautore che inseriremmo sicuramente nella lista dei 10 cantautori che in futuro faranno parlar di sè, se non fosse che questo artista di sé fa parlare già, eccome.