Maria Antonietta: il destino di una Regina

16 ottobre 1793: la “Cittadina” Maria Antonietta di Asburgo Lorena, vedova di Luigi Capeto (l’ex re di Francia Luigi XVI ), attraversò per l’ultima volta le vie di Parigi. Non era a bordo di una lussuosa carrozza, ma viaggiava su un carro scoperto. Della bellezza che in passato aveva incantato cortigiani, sovrani e diplomatici restava ben poco, era scarna e malata perché da settimane rifiutava di assumere cibo e la notte precedente le avevano tagliato i capelli, quei capelli con i quali per anni aveva incantato il mondo e dettato la moda grazie alle acconciature di Monsieur Léonard. Si dice che alla vista della ghigliottina le fossero diventati di colpo bianchi, ma questa non è Storia, è leggenda, come quella delle brioches del resto. Non vi erano più i vestiti sgargianti e raffinati per cui era famosa in tutta Europa, ma indossava una cuffia bianca e una semplice veste grigia. Al suo passaggio non vi era un popolo deferente e acclamante, ma una folla arrabbiata e abbrutita dalla violenza rivoluzionaria – le rivoluzioni non si fanno con i fiori ma con il sangue – che le gridava ingiurie e la faceva oggetto del lancio di ortaggi marci. La fecero scendere a Place de la Révolution che oggi si chiama Place de la Conocorde – Sic transeat Gloria Mundi – rimase fiera e austera, era una Regina, moglie di un Re, figlia della grande Imperatrice Maria Teresa, sorella di un Imperatore, madre del Delfino ed erede al trono, Arciduchessa dell’Impero Austriaco; tutto questo lei lo sapeva, lo sentiva e non poteva essere cancellato neanche dalla mannaia della ghigliottina. Imboccò la scaletta del patibolo: le corde ai polsi, la debolezza, il rumore della folla, la consapevolezza che era la fine, tutto questo la fece inciampare. Non cadde. Il boia Sanson, che era noto per mostrare gentilezza e pietà nei confronti delle sue vittime, le porse la mano per aiutarla a salire. Salì la scala porgendo la mano non a un raffinato cavaliere, ma al suo carnefice. Era pur sempre accompagnata, lei era una Regina. Era mezzogiorno, la lama fece il suo lavoro e la sua testa cadde nel cesto, la folla irruppe in un fragoroso boato liberatorio. Per i rivoluzionari ella era la rappresentazione di ogni male, mentre per i controrivoluzionari divenne una martire. Maria Antonietta, alla quale il destino diede in sorte di nascere per non essere anonima, è entrata nella Storia riscuotendo con il suo operato alterni giudizi. Fu certamente un personaggio divisivo. Lo fu da viva quando, se da una parte per alcuni rappresentava un modello di stile da seguire, per altri era il simbolo di tutti i mali della Francia. Lo fu dopo la morte poiché per decenni gli storici si sono divisi nel giudizio su di lei. Certamente fu un personaggio centrale nella Storia della sua epoca e per certi aspetti, lo fu in maniera inconsapevole. Di lei si potrebbe dire che raggiunse la grandezza, creandosi una “statura storica” nella tragedia piuttosto che nella buona sorte. Da regina, durante i primi anni di regno di suo marito fece poco, la corte non l’aveva accettata perché era una principessa straniera e per di più proveniente dalla odiata Casa d’Austria. A questo senso di frustrazione si aggiunse in lei anche un senso di incompletezza femminile. Quando sposò suo marito aveva appena quindici anni e il loro matrimonio non fu consumato per sette lunghi anni a causa di un difetto fisico delle parti intime del Re. Questa contingenza acuì il suo senso di insoddisfazione, poiché, oltre che dalla corte, si sentiva anche rifiutata dal marito come donna e in più viveva con umiliazione, il fatto di non avere generato l’erede al trono che la Francia, la corte e le cancellerie straniere attendevano. Non ebbe per molti anni neanche voce in capitolo sulle questioni politiche, e questo generava in lei anche un senso di “inutilità”, in quanto sapeva bene che il suo matrimonio era stato concordato dalle due cancellerie, perché rafforzasse l’alleanza fra le due potenze e perché – questo era il disegno dell’Imperatrice sua madre – potesse influenzare le scelte politiche del consorte in chiave filo-austriaca. Ben presto questa situazione emotiva la spinse ad allontanarsi dall’ambiente di corte e a crearsi una sua corte personale alla quale avevano accesso solo pochissimi intimi. Questo naturalmente urtò i cortigiani, che a Versailles vivevano ancora secondo le liturgie messe a punto dal grande re Luigi XIV (re Sole) e che erano abituati alla funzione pubblica dei sovrani, secondo la quale essi erano il centro della corte e quindi di tutta la Nazione francese. Il Re dal canto suo, che amava sua moglie di un amore tenero e indulgente, pur di farsi perdonare la sua mancata virilità tendeva ad accontentare, pur non condividendoli, tutti i capricci ai quali Maria Antonietta indulgeva talora per indole e talora per “evasione anti-depressiva”. La maldicenza della corte, offesa nell’essere ignorata dalla Regina, la debolezza del Re, la civetteria di Maria Antonietta che a quindici anni si era ritrovata a essere catapultata dalla austera corte viennese alla mondana e luccicante corte di Versailles, resero via via la giovane regina avulsa a sempre più crescenti settori della società. I pettegolezzi valicavano i cancelli dorati della reggia e giungevano nei vicoli sporchi maleodoranti e poveri delle città, lì si modificavano e ingigantivano, rinvigoriti dai già esistenti focolai rivoluzionari che aleggiavano al di fuori dei Palazzi. Maria Antonietta divenne allora la lussuriosa collezionista di amanti, con i quali si abbandonava a festini dionisiaci nel Petit Trianon che a bella posta aveva scelto come sua residenza favorita, perché strategicamente lontano dal corpo centrale della reggia. Ella era la famelica divoratrice di tutte le risorse economiche dello stato, le quali, secondo la vulgata, servivano a comprare gioielli e vestiti e a pagare i suoi debiti di gioco. In seguito divenne la spia austriaca, fino a che al suo processo non si arrivò ad accusarla persino di aver avuto rapporti incestuosi con suo figlio, il Delfino Luigi Carlo. Oggi le definiremmo fake news, a quei tempi erano maldicenze alle quali si dava credito esattamente come si fa oggi. Certamente il tutto ha un fondo di verità, perché è storicamente vero che la Francia pre-rivoluzionaria versava in condizioni arcaiche e in un profondissimo deficit finanziario. È anche vero però che la situazione sociale non accennava a mutare, in quanto il Re era condizionato non solo da una sua concezione di Stato e di società che gli diveniva da una sua particolare educazione, ma anche e soprattutto da una serie di agenti – la nobiltà e il clero – che mai gli avrebbero consentito di mettere fine ai propri privilegi. Essi erano infatti legati fra loro da un “patto di non belligeranza” ideato un secolo prima da Luigi XIV all’indomani della fronda. Questo patto prevedeva l’assoluta fedeltà e dedizione al Sovrano, ma assicurava come contropartita privilegi, onori e denari. Anche il deficit finanziario, che era certamente esasperato dalle eccessive spese per il mantenimento della corte, era di fatto però creato anche dalla organizzazione socio-economica. Nella Francia pre-rivoluzionaria la pressione fiscale, che pure non era altissima, era rivolta solo ed esclusivamente alle classi borghesi che pagavano i tributi, dai quali erano esentati clero e nobiltà, e che secondo la concezione feudale erano in parte proprio destinati a feudatari e clerici. È evidente che, dando un approccio critico allo studio dei fatti, si rilevi che anche alla nobiltà e al clero giovasse il fatto che ogni colpa fosse attribuita alle frivolezze della Regina e alla debolezza del Re. Il 14 luglio del 1789 il popolo di Parigi assaltò la Bastiglia, dando inizio alla Rivoluzione francese. La Rivoluzione colse Maria Antonietta di sorpresa, ella non la immaginava e soprattutto non ne comprese, come del resto accadde al marito e alla corte, subito la portata. Fu l’acuirsi degli eventi che spinse Maria Antonietta a comprendere l’entità di quello che stava accadendo. La comprensione degli avvenimenti quindi spinse Maria Antonietta a prendere consapevolezza dei doveri del suo ruolo e a esercitarli. Si potrebbe dire a questo punto che Maria Antonietta decise di diventare pienamente Regina e forse anche compiutamente donna, allorquando comprese che questo suo status poteva essere messo in discussione.

Maria Antonietta cominciò a prendere parte attiva nell’attività di sovrano di suo marito, presenziava ai Consigli della Corona, forniva giudizi sui ministri e non mancava mai di dare al consorte una sua lettura personale di ogni avvenimento che si susseguisse. Il Re dal canto suo la lasciava fare, pur consapevole del fatto che queste ingerenze acuivano ancor di più il risentimento nei confronti della Regina. Ella avviò una corrispondenza segreta con le cancellerie straniere, affinché intervenissero per rimetter ordine in Francia e non solo, si interessò anche alla organizzazione della “contro-rivoluzione”. In breve tempo, non è un azzardo accennarlo, complice anche la condiscendenza del Sovrano nonché la sua indecisione, Maria Antonietta riuscì ad assumere un ruolo di leader nei confronti degli elementi che si adoperarono per mettere fine alla Rivoluzione. A riprova di questo vi sono i suoi incontri con Mirabeau e i carteggi con alcuni elementi moderati della Rivoluzione, e la sua parte attiva nel convincere il Re ad accettare la “fuga di Varenne” e a organizzare l’emigrazione di molti componenti della corte. Quando gli eventi precipitarono e la famiglia reale fu privata del suo rango e poi chiusa in prigione, Maria Antonietta continuò con ostinazione a svolgere il suo ruolo di Regina. Fu di sostegno al marito durante il suo processo e continuò a organizzare, se pur nel limite del suo nuovo stato di reclusa, la cospirazione contro la Rivoluzione. Soprattutto ella intese l’importanza simbolica del suo ruolo, che volle esercitare nei confronti dei figli ai quali anche durante la prigionia, continuando a impartire una educazione basata sui canoni della regalità. La decapitazione del Re rafforzò ancor di più in lei questa convinzione, tanto che ella da subito riconobbe il Delfino come nuovo Re di Francia. Va detto che anche tutte le Cancellerie Europee, alla morte di Luigi XVI, ritennero come automatica e riconosciuta la successione sul trono di Luigi Carlo, che divenne quindi Luigi XVII. La Rivoluzione francese fu un evento al quale fu impossibile resistere, questo valse tanto per chi vi aderì quanto per chi la avversò, essa determinò un cambiamento radicale di tutta la concezione che fino ad allora si era avuta dello Stato. Irruppe con una tale forza che nessuno poté opporvi resistenza e da allora in poi nulla fu più uguale a prima. Questo valse anche per Maria Antonietta che, travolta dalla tragedia, divenne davvero Regina.

Daniele Milella

Redazione

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