La leggenda del Santuario di Cholula, spezzato dal terremoto in Messico

di Daniele Dell’Orco, in Viaggio, del 20 Set 2017, 09:40

Una leggenda messicana racconta che in tempi molto lontani visse il Dio re Quetzalcoatl, fondatore della stirpe che abitava le terre di Abya Yala, che è il nome che l’America aveva prima che gli Europei la chiamassero America.
Quetzalcoatl era un Dio buono, alto, dalla pelle chiara, con lunghi capelli neri e un barba fluente. Era figlio del dio azteco del cielo Mixcoatl e della dea della terra Chipalman, era venuto dall’Oriente e aveva insegnato agli uomini tutte le leggi più sagge.
Si racconta che ai tempi di Quetzalcoatl la terra era così generosa che crescevano fiori e frutti senza richiedere la fatica del lavoro, che le pannocchie di mais erano così grandi che un uomo bastava appena per portarne una e che il cotone assumeva da solo, crescendo, i colori che i tintori avrebbero voluto dargli.

Per difendere i confini del suo regno Quetzalcoatl dovette partire, affidando alla bellissima principessa sua sposa lo sterminato tesoro che era composto di tutte le ricchezze del mondo.
In assenza di Quetzalcoatl, la città fu assalita dai nemici, bramosi di costringere la principessa ad indicare loro dove fosse nascosto il tesoro. Ma non ci riuscirono.
Alla fine la fedele sposa fu uccisa e dal sangue versato nacque la pianta del cacao, il cui frutto nasconde un tesoro di semi amari come le sofferenze dell’amore, forti come il coraggio, rossi come il sangue.
Quando il re tornò nella sua città e scoprì che la sua sposa era stata uccisa, volle far dono agli uomini di quella pianta che era nata, affinché per sempre fosse ricordato il sacrificio della sua amata principessa. Il povero Quetzalcoatl si ammalò poi per il dolore, bevve una pozione che uno stregone gli aveva preparato e invece di guarire uscì di senno.
Presto si congedò dal popolo che lo aveva fedelmente seguito fino al mare.

Trovata una zattera di serpenti intrecciati, fuggì in alto mare scomparendo all’orizzonte, promettendo che un giorno sarebbe tornato per governare di nuovo nella gioia il suo immenso regno.
A Quetzalcoatl, a Cholula, la capitale dell’antica civiltà precolombiana dei Mixtechi posta a 140 km a sud-est di Città del Messico, venne eretta la più grande struttura che l’uomo abbia mai realizzato. La Grande Piramide, conosciuta anche come Tlahchiualtepetl, ovvero montagna fatta dall’uomo è un antico tempio azteco grande quattro volte di più delle altre piramidi sparse in tutto il Pianeta. È alta 64 metri (molto meno della Piramide di Giza) metri, ma ogni lato ne misura 500. Con i suoi 4,5 milioni di metri cubi è per distacco la piramide più grande del mondo.

Qui, nella “Roma de Anáhuac”, la città dove i giovani si ritrovano nella “fiesta”, secondo la tradizione ci sono 365 chiese. Nella pratica, poi, sono molte meno, ma chissà, è bello anche cullarsi nelle leggende e credere alle voci che vorrebbero costruita una chiesa per ogni giorno dell’anno. Così come 365 sarebbero i gradoni da percorrere per scalare la Grande Piramide di Cholula. Arrivando a piedi al cospetto della Chiesa del Cinquecento dedicata a Nuestra Señora de los Remedios, ai piedi del vulcano Popocatépetl, non si nota quasi nulla che possa indicare la via verso la Piramide. Sì, c’è qualche resto di antichi insediamenti, ma poi ci sono solo alberi e cespugli a formare una collinetta con la chiesa sulla sommità. La Piramide è proprio lì. Sotto strati di terra e roccia lavica. Sommersa dal tempo, sepolta per sempre. La più grande opera mai realizzata dall’uomo viene negata dalla natura alla vista dell’uomo stesso.

Secondo le ricerche archeologiche, fu costruita intorno al 300 a.C. Per completarla ci sono voluti quasi mille anni. E l’aiuto dei giganti che all’epoca del diluvio vivevano sulla Terra. Molti di essi morirono sommersi dalla acque, alcuni invece furono trasformati in pesci e solo sette fratelli si salvarono rifugiandosi in alcune grotte della montagna Tlaloc. Il gigante Xelhua viaggiò fino al luogo che in seguito si chiamò Cholollan e con grandi mattoni fabbricati nel lontano Tlalmanalco, cominciò a costruire la piramide in memoria della montagna dove si salvò. Siccome Tonacatecutli, il Padre degli Dei s’irritò vedendo quella immensa costruzione, che poteva arrivare alle nubi, lanciò delle lingue di fuoco e schiacciò molti lavoratori con un grande masso a forma di rospo. Il gigante Xelhua, però, la portò a termine, e la volle con sei strutture sovrapposte, una per ogni gruppo etnico che ha dominato la regione messicana. Poi arrivarono gli spagnoli che, trovandola semisepolta, la ricoprirono del tutto, ergendo il santuario sulla cima della collina per affermare il primato della religione cattolica sul paganesimo.

A Cholula, dunque, le culture sono letteralmente sovrapposte, costrette a una convivenza forzata ma perennemente in lotta, ideale, tra loro.

Daniele Dell’Orco

Daniele Dell’Orco è nato nel 1989. Laureato in di Scienze della comunicazione presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, frequenta il corso di laurea magistrale in Scienze dell’informazione, della comunicazione e dell’editoria nel medesimo ateneo. Caporedattore del sito Ciaocinema.it dal 2011 al 2013 e direttore editoriale del sito letterario Scrivendovolo.com, da febbraio 2015 è collaboratore del quotidiano Libero, oltre a scrivere per diversi giornali e siti internet come La Voce di Romagna e Sporteconomy.it. Ha scritto “Tra Lenin e Mussolini: la storia di Nicola Bombacci” (Historica edizioni) e, sempre per Historica, l’ebook “Rita Levi Montalcini – La vita e le scoperte della più grande scienziata italiana”, scritto in collaborazione con MariaGiovanna Luini e Francesco Giubilei. Assieme a Francesco Giubilei, per Giubilei Regnani Editore, ha scritto il pamphlet “La rinascita della cultura”. Dal 2015 è co-fondatore e responsabile dell’attività editoriale di Idrovolante Edizioni.