In Svezia apre il Museo del Fallimento per celebrare la necessità degli insuccessi

Esiste un famoso aforisma attribuito a Thomas Edison, a proposito dei migliaia di tentativi da lui compiuti prima di trovare il modo migliore per realizzare la lampadina: “Io non ho fallito duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente ho trovato millenovecentonovantanove modi su come non va fatta”. Non possiamo essere certi che Edison pronunciò queste parole, ma la citazione invita a riflettere sullo spinoso tema del fallimento. Certo non è piacevole vivere l’insuccesso, seppure riconoscerlo è (o dovrebbe essere) una delle spinte più forti a cercare un’altra strada. Rendersi conto che tutti prima o poi falliamo è, tra l’altro, particolarmente confortante. Queste sono le premesse dietro alla creazione di un originale Museo del Fallimento, ideato dallo psicologo svedese Samuel West. Sarà inaugurato tra poche settimane nella città di Helsingborg, a sud della Svezia.

Consolante è rendersi conto che il museo racchiude i fallimenti di celebri multinazionali, solitamente note per i loro successi mondiali. Troviamo il primo palmare realizzato da Apple, Newton, dal peso e dalle dimensioni talmente poco invitanti che venne ritirato per le pochissime vendite; i celebri Google Glass di Google, progetto abbandonato dal colosso del web; il primo telefono cellulare che era anche un dispositivo per videogiochi, N’Gage della Nokia, che però non conquistò il pubblico; il Twitter Peek, un congegno creato da un’azienda degli Stati Uniti soltanto per twittare: l’utilizzo esclusivo condannò il prodotto al fallimento.

La maggior parte dei fallimenti proposti riguardano in effetti la tecnologia, dato che col passaggio dall’era dell’analogico a quella del digitale, molte società si sono sforzare di ideare dispositivi innovativi, che potessero assecondare le nuove esigenze del pubblico. Eppure, non sono sempre riuscite a ideare gadget tecnologici appetibili. A vederla adesso, ognuno di questi esperimenti è stato necessario. Ad esempio, se Apple non avesse fatto la mossa sbagliata lanciando il primo palmare nel 1993, non avrebbe potuto rendersi conto di quanto stesse diventando importante puntare su dispositivi sempre più leggeri e di dimensioni ridotte, considerato che l’utente di oggi ha bisogno di oggetti dal trasporto facile, viaggiando molto più spesso che nel passato.

Non a caso, il motto del Museo è “Il fallimento è necessario per l’innovazione“. Per ora i prodotti in esposizione sono una sessantina. Tutti apparecchi che hanno tradito le aspettative, perché in tutti casi sono stati lanciati sul mercato pensando che avrebbero raggiunto la popolarità; invece sono stati dimenticati ben presto. Ogni oggetto è inoltre corredato da una spiegazione del motivo per cui non ha raggiunto la fama, spiegando anche perché alla lunga tale insuccesso si è rivelato necessario.

L’insegnamento del Museo, e di Samuel West, è evidente: nella nostra società, dove la competizione è così alta, non essere vincitori ma vinti è percepito come una terribile vergogna. Eppure talvolta l’insuccesso è un passo imprescindibile, per chi vuole riuscire a raggiungere un obiettivo. Un chiaro incitamento all’ottimismo.