Il traffico illecito di antichità dal Medio Oriente: un business da 6 miliardi di euro

di Luigi Caiafa, in Arte, del 9 Giu 2016, 11:28

Da migliaia di anni si saccheggia il passato per trarne profitto. In Egitto, ad esempio, il primo documento inerente un episodio di saccheggio risale al 1113 a.C., quando alcuni ladri depredarono alcune tombe scavate nella roccia. Anche i conquistatori romani furono protagonisti di tali episodi, spedendo in patria, con navi costruite per l’occasione, obelischi interi, che tuttora adornano le piazze più importanti della capitale italiana.

Il traffico illecito delle antichità sembra tuttora inarrestabile e da un’inchiesta del National Geographic emerge un quadro disarmante e devastante.

Sconvolgente la profezia dell’egittologa Sarah Parcak: “Di questo passo, entro il 2040 i siti egiziani saranno tutti i compromessi”, dice Parcak. “È terribile”. E l’Egitto, dove un quarto delle 1100 aree archeologiche del paese ha già subito gravi danni, non è l’unico caso.

Dai ladri assassini che depredano i templi indiani ai saccheggiatori boliviani di chiese, fino alle bande di tombaroli della provincia cinese di Liaoning, l’analisi del National Geographic mette in luce una realtà globale disastrosa che rischia di minare per sempre il nostro passato.

Inutile citare, a tal proposito, i disordini scoppiati negli ultimi anni in paesi con immensi patrimoni archeologici, culminati con i saccheggi in Medio Oriente dell’Iraq e della Siria da parte dell’Isis, che rilascia a determinate persone veri e propri permessi scritti che autorizzano gli scavi nel suo territori. In Siria, nel 2011, anno in cui è scoppiata la guerra civile, i saccheggi sono drammaticamente aumentati. Un patrimonio culturale di inestimabile valore ridotto in buche e macerie.

Negli ultimi vent’anni, grazie a una serie di casi giudiziari e rimpatri che hanno fatto molto scalpore, si è gettata luce sul lato oscuro del commercio di antichità e sulle reti criminali di scavatori che vendono manufatti depredati alle gallerie d’arte e a famosi musei. Un traffico che vale circa 6 miliardi di euro, secondo le stime riportate da Unesco e Interpol, e in continua crescita. Basti pensare che, secondo i dati forniti dalla US International Trade Commission in tre anni le importazioni nei soli Stati Uniti da Egitto, Iraq, Libano, Siria, Turchia e tutto il Medio Oriente sono aumentate dell’86%, passando da un valore di 51,1 milioni di dollari a 95,1 milioni di dollari.

Tuttavia, la lotta al traffico illecito ha raggiunto scarsissimi risultati. Secondo il National Geographic, la Convenzione Unesco del 1970, le leggi sul patrimonio nazionale, i casi giudiziari e le restituzioni dei primi anni 2000 avrebbero dovuto favorire un protocollo obbligatorio di provenienza dettagliata. Invece sembra che molti, tra i collezionisti, gli antiquari, i curatori museali e le case d’asta si sentano ancora autorizzati a mantenere la segretezza e l’anonimato che hanno da sempre avvolto il commercio delle antichità.

Siamo, dunque, a un punto morto e la soluzione della diatriba tra chi tutela e chi commercia sembra ancora lontana.

Luigi Caiafa

Luigi Caiafa nasce in Puglia nel 1985. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’arte antica presso la Sapienza, Università di Roma, inizia un percorso di formazione in ambito editoriale. Da gennaio 2016 collabora con la casa editrice Historica e la rivista online Cultora.