I “millennials” cambiano i media? Certo, grazie a mamma e papà

di Gennaro Pesante, in Blog, Editoria, Media, New media, Televisione, del 22 Set 2017, 18:19

Uno studio pubblicato questa settimana ci dice che è calata del 10% la vendita degli apparecchi televisivi nel 2017, tra gennaio e luglio, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In altri paesi questo dato è anche più significativo, anche se quasi mai clamoroso. C’è però da rilevare che se è vero che si acquistano meno tv, è anche vero che si spende sempre di più quando se ne compra uno. In realtà, stando anche a quanto affermano i sociologi, non si tratta di una crisi della televisione in quanto media di comunicazione, ma di una crisi del mezzo, nel senso di “elettrodomestico”. Oggi il concetto è “la televisione in qualunque momento”. Se fissi lo smartphone in metropolitana utilizzando applicazioni come RaiPlay, Netflix o SkyGo stai guardando la televisione, anche se non nel modo convenzionale. È cambiato il mezzo ma stai facendo la stessa cosa che prima potevi fare prevalentemente solo a casa.

In termini “arboriani” – cioè di quando Renzo Arbore cantava del “nuovo focolare” e soprattutto quando affermava che “tu nella vita comandi fino a quando c’hai stretto in mano il tuo telecomando” – si direbbe che è proprio il focolare che è stato superato come concetto, come anche lo stesso telecomando. Oggi, in casa come per la strada, ognuno può vedersi la “sua” televisione. E allora, con buona pace di tutti quelli che teorizzano da un po’ di tempo la “fine della tv” a vantaggio di internet e dei social media – e altre menate del genere – va invece rimarcato il ruolo di un mezzo la cui vera sfida non è nella sua sopravvivenza, ma nell’offerta di contenuti.

Ecco dunque la vera parte morente della televisione, che è quella “generalista” a vantaggio di quella “tematica”. L’utente non ha interesse a sapere dove andrà in onda il suo show preferito o la serie tv di cui è “dipendente”. Desidera solo di poterlo fare e di poterlo fare tutte le volte che ne sentirà la necessità. E soprattutto quando ne avrà il tempo. L’obiettivo è il contenuto “on demand”. La tv generalista è tenuta in vita artificialmente – o convenzionalmente, si potrebbe dire – dal sistema del rilevamento degli ascolti, ovvero da Auditel, ma il quadro – quello vero – è chiaro per tutti: non c’è futuro nella televisione se si prescinde dalla tematizzazione dei contenuti. Concetti come “show del sabato sera” o “tg delle ore 20”, con tutto il rispetto, sono decisamente oltrepassati da milioni e milioni di dati che scorrono nel mare digitale portando intrattenimento e informazione ovunque e in qualunque momento, e spesso anche di qualità.

Tutto questo, tra l’altro, non riguarda solo il pubblico più giovane, i cosiddetti “millennials”. Le generazioni direttamente interessate al salto tecnologico che ha già portato anche la tv italiana in qualche modo verso il futuro sono soprattutto quelle precedenti. Si tratta dei cinquantenni e dei quarantenni di oggi che tengono in piedi il sistema sottoscrivendo contratti vari e facendoli fruire agli eventuali figli, appunto, i millennials, tanto vezzeggiati e celebrati dai grandi quotidiani che praticamente gli dedicano paginate intere, ricerche e sermoni continuamente. Proprio quei millennials che, andrebbe ricordato a molti direttori e/o capiredattori, notoriamente non leggono i giornali ma che guardano ancora molta tv, anche stando nel salotto di casa. Esattamente come affermano le loro ricerche.

Gennaro Pesante

Gennaro Pesante, nato a Manfredonia nel 1974. Giornalista professionista, vive a Roma dove lavora come responsabile dei canali satellitare e youtube, e come addetto stampa, presso la Camera dei deputati.