Genius, simbolico ritratto di un’epoca “perduta” ma film tutt’altro che geniale

Non avrei mai pensato di scrivere una recensione cinematografica, tantomeno su un film incentrato su una figura chiave della letteratura americana del secolo scorso che, in qualche modo, ha dato un volto e una forma alle mie passioni. Tuttavia, le prime occasioni non mancano mai e, forse, quel momento era già lì ad attendermi, sotto una pioggia incessante, davanti a un edificio marchiato da una smisurata insegna con su scritto “Charles Scribner’s Sons”.

Ambientato in un’epoca “perduta”, forse una delle migliori della letteratura (ma in questo sono nettamente di parte), in un’America alle soglie del tracollo finanziario di fine anni Venti, il film Genius – tratto dal libro di Andrew Scott Berg, Max Perkins. L’editor dei geni (vincitore del National Book Award nel 1978 e pubblicato in Italia da Elliot Edizioni) e presentato in anteprima al Festival di Berlino 2016 – porta al centro dei riflettori la storia di Max Perkins, leggendario editor della rinomata casa editrice Charles Scribner’s Sons, e Thomas Wolfe, scrittore ambizioso e fuori dagli schemi, e svela un retroscena inedito e suggestivo del complesso e diversificato mondo del libro e di tutto ciò che si nasconde dietro la penna degli scrittori. La pellicola, diretta magistralmente da Michael Grandage, si concentra, in particolare, sulla singolare collaborazione tra i due, che portò alla pubblicazione di bestseller come Angelo, guarda il passato e Il fiume e il tempo, pietre miliari di un grande scrittore americano, che in Italia rimane quasi del tutto ignorato, al contrario dei suoi geniali contemporanei, Hemingway e Fitzgerald, anch’essi figli prediletti dello stesso Perkins.

Ma procediamo con ordine. William Maxwell Evarts Perkins, ovvero Max Perkins, fu uno degli editor più brillanti e geniali del Novecento. Molto probabilmente, senza il suo prezioso contributo e il suo spiccato talento letterario, alcuni dei maggiori scrittori statunitensi del Ventesimo secolo non sarebbero mai divenuti vere e proprie icone della letteratura mondiale. Forse non avremmo mai letto capolavori come Il Grande Gatsby (1925), Fiesta. Il sole sorgerà ancora (1926) o Addio alle Armi (1929), e mai avremmo potuto apprezzare scrittori come Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway, capisaldi di un’intera generazione letteraria.

La vera sfida professionale della carriera di Max Perkins, però, scaturì proprio dall’incontro con il ribelle scrittore Thomas Wolfe, un rapporto complesso e passionale che, se da una parte portò a sorprendenti successi editoriali, dall’altra causò non pochi dissapori.

Ciò detto, Geniusnon è un capolavoro, ma è un film carico di significato in cui metafore e simboli di una straordinaria generazione letteraria avvinghiano l’intera sequenza scenica. Il ritmo è lento e, in un certo senso, la trama appare inconcludente, quasi fosse una premessa di un apice che non verrà mai raggiunto: i personaggi rimangono abbozzati e le loro azioni poco approfondite. Ma il cast d’eccezione, con un impeccabile Colin Firth, nei panni di Perkins, e un brillante Jude Law, in quelli di Wolfe, assieme a costumi ineccepibili e a una scenografia dal sapore nostalgico, rendono il film piacevole e ricco di emozioni e spunti di riflessione.

Luigi Caiafa

Luigi Caiafa nasce in Puglia nel 1985. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’arte antica presso la Sapienza, Università di Roma, inizia un percorso di formazione in ambito editoriale. Da gennaio 2016 collabora con la casa editrice Historica e la rivista online Cultora.