Ecco perchè la fusione Mondadori-Rizzoli è giusta

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera di un addetto ai lavori nel mondo dell’editoria che preferisce non firmarsi. È un punto di vista inedito nel dibattito sull’acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori che si discute in questi giorni.

Tutti si lamentano per la possibile fusione Mondadori-Rizzoli.

Gridano al monopolio che ammazzerà i piccoli editori.

Può essere vero ma anche i piccoli editori non sono esenti da colpe.

Il sistema aziendale italiano si caratterizza per un enorme numero di piccole o piccolissime aziende dove impera l’imprenditore deus ex machina. Questo a volte è un vantaggio perché tale imprenditore riesce a essere velocissimo ed efficiente nel trasformare il proprio pensiero in azione e ha una conoscenza del proprio business a 360 gradi.

A volte però diventa un problema soprattutto per il reperimento del fabbisogno finanziario, per l’impossibilità di raggiungere economie di scala e organizzazioni efficienti.

Questi problemi nell’editoria esplodono con l’aggravante che tantissimi piccoli editori danno la colpa del loro mancato successo ai lettori che sono ignoranti e non capiscono le loro qualità letterarie non comprendendo invece che spesso editano per se stessi pensando che i loro gusti potrebbero avere grosse fette di mercato se solo il pubblico fosse un minimo intelligente. I grandi invece, a partire da Mondadori e Rizzoli, pubblicano in funzione dei gusti del mercato anche centrando segmenti fortemente divulgativi e con autori non autori ma che sono nomi arcinoti che fanno cassetta sicura.

Bisogna rassegnarsi al fatto che il successo e la vita di un editore dipendano dalle copie vendute, se poi c’è anche la qualità tanto meglio.

Visto che in Italia ci sono circa 4500 editori, la maggior parte dei quali piccoli o piccolissimi, se tanti piccoli si unissero mettendo insieme le proprie forze competenze, il loro know how e i loro capitali e si ragionasse in termini di business con i numeri e non solo con il cuore forse la fusione M/R potrebbe fare meno paura.

Ma spesso i singoli editori vogliono essere i classici deus ex machina convinti che il mondo non li capisca. Da anni visito le più importanti fiere della piccola media editoria (Roma, Pisa, Modena ,Chiari, ecc.) molto spesso vedo bancarelle di editori con titoli e grafiche che non hanno niente a che fare con il mercato, arrivando a volte persino all’autoreferenzialità.

Naturalmente tra i tantissimi piccoli medi editori ci sono anche quelli che hanno capito ma penso che siano una netta minoranza.

Due considerazioni che permettono di capire ancora meglio la situazione:

1) non è vero che gli italiani non leggono visto che il 50% della nostra popolazione legge almeno un libro all’anno

2) in Italia ci sono troppi pseudo editori, circa 4500 (dal micro al grande editore), che pubblicano 64000 titoli ogni anno (175 al giorno).

In conclusione penso di poter asserire che non è tutta colpa dei grandi editori e delle possibili fusioni tra grandi se i medi e piccoli editori a volte si trovano in difficoltà.

Redazione

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