Duke – Fabrizio Bosso celebra il mito
È André Coeuroy, in Storia generale del Jazz, a dirci “Duke non è un nome, bensì un titolo: Duke Ellington ha saputo essere per il jazz ciò che Diaghileff fu per il balletto russo”.
Proprio al “duca” è dedicato l’ultimo lavoro di Fabrizio Bosso, trombettista torinese di fama internazionale che torna a jazz delle origini dopo un percorso tortuoso ed eclettico in altre atmosfere.
L’album, che porta il nome di Ellington, è presentato da Universal Music Italia con l’etichetta Verve.
Confrontarsi con i propri miti e i maestri del passato non è certo impresa da poco, ma Bosso ci riesce con una tecnica ineccepibile e uno stile inimitabile, affiancato da un team di altissimo livello.
Gli arrangiamenti acrobatici, che fanno del disco ben più di un semplice omaggio, sono stati curati da Paolo Silvestri e insieme a Bosso c’è il suo quartetto, composto da Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, Luca Alemanno al contrabbasso, Nicola Angelucci alla batteria. C’è inoltre una sezione di fiati maestri: Fernando Brusco e Claudio Corvini alla tromba, Mario Corvini al trombone, Gianni Oddi al sax alto, Marco Guidolotti al sax baritono e Michele Polga al sax tenore e soprano.
Sessanta minuti di grande jazz: l’eleganza e la tecnica di Bosso riportano in vita la magia di Duke, ci regalano un’interpretazione nuova che non offusca né tradisce il mito.
In Duke sono presenti tutti i maggiori successi di Ellington, Let A Song Go Out Of My Heart, Caravan, Perdido, In a Sentimental Mood, Solitude, I don’t mean a thing (If it ain’t got that Swing) e un medley che unisce i capolavori Black Tan Fantasy e Jeep’s Blues.
Una carrellata nelle atmosfere delle mitiche Big Bands, i ritmi incalzanti e le istanze più intime, tutto questo ha un solo nome: Duke.
Redazione
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